POETRY
regia Lee
Chang-dong
con Yun
Jeong-hie, Ahn Nae-sang,
Kim Yong-taek, Lee Da-wit
sceneggiatura
Lee Chang-dong
fotografia Kim
Hyun
montaggio Kim
Hyun-seok
scenografia Doug
Meerdink
produzione
Lee Jun-dong,
distribuzione
Tucker
durata 2h19m
Corea del Sud 2010
La trama:
Mija è una signora ultrasessantenne, un po' eccentrica e attratta dalla bellezza
della natura e dall'arte. Vive in una cittadina di provincia coreana sulle rive
del fiume Han, insieme al nipote adolescente, distaccato e poco sensibile alle
attenzioni della nonna. Casualmente Mija si avvicina ad un corso di poesia e per
la prima volta in vita sua compone un poema, cosa che le spalanca visioni della
vita fino ad allora sconosciute, ma che la costringeranno a scelte difficili.
Il regista: Nato
a Daegu, Corea del Sud, nel 1954, Lee Chang-dong si laurea in lingua e letteratura
coreana nel 1980. Dopo la pubblicazione di vari romanzi diventa uno degli
scrittori emergenti della sua generazione. I primi contatti col cinema sono come
sceneggiatore, mentre la sua prima regia è Green Fish ('96), seguito da Peppermint
Candy ('99) che ottiene grossi riconoscimenti presso oltre 30 festival
internazionali. Segue Oasis,
che a Venezia vince il premio per la regia nel 2002, mentre è in concorso a Cannes nel 2007 con il suo
quarto film, Secret sunshine.
Il film:
Come l'acqua scorre
il silenzio. Dopo
Departures
la Tucker Film porta in Italia Poetry,
un altro gioiello orientale, il
film di Lee Chang-dong che ha trionfato agli Oscar asiatici e conquistato il
premio per la miglior sceneggiatura a Cannes.
L'acqua che scorre sa più
cose delle persone che attraversano il ponte. Scorre e intanto suggerisce i
pensieri, anticipa le immagini, aspetta la vita e culla un corpo morto.
Quell'acqua è
come le parole che perdono la loro forma, una dopo l'altra, ad un passo dalla
sofferenza che sta attorno, come a consolare dolcemente gli occhi. Incantati nel
ricordo.
Lee Chang-dong vince la migliore sceneggiatura a Cannes con un film che, oltre a
lasciar cadere tracce poetiche profondissime sulla banalità
del quotidiano, coltiva il silenzio e modifica il mondo nella percezione di una
protagonista commovente.
Proprio sul suono naturale e le interferenze del rumore si gioca lo scarto tra
felicità
e dolore nel dolce declinare della vita di Mija, nonna che reagisce alla
scoperta di avere l'alzheimer iscrivendosi ad un corso di poesia e intanto si
trova a dover fronteggiare un crimine compiuto a scuola dal nipote.
Da notare come nel cinema di Lee Chang-dong l'infermità
e la marginalità rappresentino sempre metafore articolate dell'esperienza umana.
In Poetry c'è
una signora anziana che si aggrappa ad una personale riscoperta della bellezza
per contrastare non tanto la malattia che la colpirà
nei mesi a venire - un alzheimer che si sta imponendo sempre più
come simbolo cinematografico di distacco dal mondo - ma per esorcizzare le
trasformazioni che non è
in grado di comprendere. È
in sequenze come quella della riunione tra genitori che discutono della violenza
dei figli che il film di Lee scandisce il distacco tra due differenti percezioni
del mondo. Una dura, meschina, universale e spogliata dai sentimenti, l'altra
incantata dai profumi e dai colori della strada, annotata su un quaderno come
monito per i ricordi che se ne andranno. Per questo l'insegnante alla prima
lezione dice: "Per scrivere poesie dovete vedere bene. Vedere
è la cosa più
importante. Se vedete veramente una mela saprete cogliere la sua essenza".
Come in Oasis,
il regista coreano ha intuizioni ammalianti: Mija che guarda un fiore e prende
l'appunto "rosso come il sangue", la doccia fatta per nascondere le uniche
lacrime del film, l'evidenza della sua solitudine nelle sequenze con gli altri
personaggi, una stupefacente scena di sesso tra anziani e il contrasto tra le
lezioni in versi e la brutalità
della dolcezza. Vedere e sentire è
tutto quello che fa il film di Lee Chang-dong, anche lui in cerca di una poesia
da scrivere. In Poetry guarda e sente, fino a trovare personaggi per i
quali la felicità
suona come un difetto. La bellezza è
un vaso di fiori di plastica, la rabbia qualcosa che strappa motivazioni al
pianto.
Nel frattempo, il nuovo spirito poetico di Mija fissa il mondo sedendosi in
terra, leva il capo verso le fronde di un albero, riconosce le pause della
strada da un autobus in corsa, annota le lacrime su un taccuino e resta
ipnotizzato dal fiume che suggerisce la tentazione al ponte.
Una forma di orrore si agita dietro le fronde toccate dal vento, alberga nella
noia pericolosa dei ragazzi e si mangia un foglio di carta con pochi versi di
scusa e comprensione. Forse proprio una poesia, più
probabilmente un pensiero d'amore evaso allo spegnersi del giorno.
Perché una
mela è più
buona da mangiare che da guardare. E l'acqua scorre senza sosta.
M.Z.
versione per la stampa