DEPARTURES

regia Yojiro Takita
con Masahiro Motoki, Tsutomu Yamazaki,
Kamiko Yo, Takashi Sasano, Ruoko Hirosue

sceneggiatura Kundo Koyama
fotografia Takeshi Hamada
montaggio Akimasa Kawashima
scenografia Fumio Ogawa costumi Katsuiko Kitamura
musica Joe Hisaishi
produzione Toshiaki Nakazawa, Toshihisa Watai
distribuzione Tucker Film
durata 2h11m

Giappone 2008                                                              
    
 

La trama: Daigo è un violoncellista che perde il lavoro dopo che la sua orchestra si scioglie. Con la moglie si trasferisce fuori città dove pensa di cominciare una nuova vita. Trova lavoro in un'agenzia che crede sia di viaggi ma ben presto si rende conto che il suo compito consiste nel fare da assistente nella preparazione dei corpi dei defunti prima della cerimonia funebre. In un primo momento titubante, il giovane finirà per apprezzare maggiormente il valore della vita.


Il regista: Yojiro Takita nasce a Toyama, Giappone, nel 1955. Inizia come assistente alla regia nel 1976 presso la Hiroshi Mukai's Shishi Productions. Il suo primo film è Chikan Onna Kyoshi, del 1981. Nella sua lunga carriera ha diretto quarantadue pellicole, di cui solo Departures  è uscito nel nostro paese.


Il film: Non è facile raggiungere grandi platee con un film il cui argomento principale è la morte e il protagonista è un preparatore di salme, ma Departures, un intimo, toccante piccolo film giapponese ci è riuscito, commuovendo un vastissimo pubblico non solo in patria ma nel mondo intero, arrivando perfino a guadagnarsi un inatteso Oscar come miglior film straniero.
La storia è quella di Daigo, un musicista che per gli incomprensibili percorsi del destino di una persona diventa tanatoesteta, letteralmente colui che si occupa della preparazione e della composizione dei corpi per la sepoltura, e che inizia a capire l'amore dovendo confrontarsi quotidianamente con la morte.
E' inizialmente il caso a condurre il nostro protagonista verso una professione di cui forse non aveva mai sentito parlare prima nella sua vita. Perso il lavoro come violoncellista presso l'orchestra di Tokyo, il giovane è costretto a spostarsi con la moglie, nella sua città natale a Yamagata, una regione rurale nel nord del Giappone, lontano dalla frenesia e dal luccichio della grande metropoli. Lì il ritorno al passato si fa sempre più presente nei ricordi di Daigo, e il  rapporto con il padre, interrotto bruscamente da anni, torna in superficie. La ricerca di un nuovo lavoro lo condurrà presso un'agenzia che lui crede essere di viaggi, ma che scoprirà ben presto occuparsi di tutto un altro genere di "trasferte". Dapprima sconcertato, di fronte al bisogno di soldi accetta il lavoro, tenendolo però nascosto alla moglie. A poco a poco quello che inizialmente aveva tollerato come una professione estrema a cui si era dedicato soltanto per mera sopravvivenza, diventerà per Daigo una ragione di vita, che gli permetterà di riassaporare valori e sentimenti di cui forse aveva perso il senso o di cui addirittura non era mai riuscito ad afferrarne l'indispensabile essenza primordiale.
L'avvicinarsi con rispetto, tatto e scrupolosità a riti e cerimoniali solenni ed essenziali a chi resta per poter accettare il distacco, e poter continuare ad amare chi è andato oltre, instaura nel giovane uomo una serie di comportamenti che lo porteranno a rivalutare il proprio sentimento verso la moglie, verso la vita in generale ed a rielaborare il difficile rapporto con suo padre.
Departures  è un film in cui lacrime e risate, amore e morte si intrecciano fra loro, un film commovente che parla un linguaggio universale e che non fallisce nel toccare quelle corde intime e personali che ci legano ai nostri cari e che con lirismo ed estrema poesia riesce a trattare temi dolorosi come il distacco, la perdita e la mancanza, amalgamando nella giusta, misurata armonia immagini, visi, atmosfere. Importantissima la musica, sempre presente, che diventa un corollario indispensabile e necessario a dare il giusto sostegno lirico a immagini e situazioni di altissima emotività.
Ispirato all'autobiografia di Aoki Shinmon, Coffinman: the journal of a buddhist mortician, da cui Kundo Koyama ha tratto la sua prima sceneggiatura, il film ha avuto una lunga gestazione durata oltre dieci anni. L'attore protagonista Masahiro Motoki per entrare meglio nel personaggio ha voluto imparare a suonare il violoncello e ed ha seguito scrupolosamente un vero corso di tanatoestetica, tanto da essere diventato sul set una sorta di esperto che dava consigli al suo mentore nella finzione, Tsutomu Yamazaki.
Anche il regista Yojiro Takita ha voluto prepararsi al film prendendo parte a diverse cerimonie funebri con lo scopo di comprendere a fondo i sentimenti che si instaurano nei familiari del defunto
. Pur essendo protagonista di un'importante e fondamentale cerimonia, la morte è comunque considerata una sorta di tabù in Giappone, che va rispettata e di cui non si deve parlare.
Malgrado ciò il film è stato un enorme successo di pubblico in patria, dove è uscito il 13 settembre 2008 e da cui ha iniziato un fortunato viaggio in giro per il mondo conquistando premi e riconoscimenti.
Benché vincitore di un meritatissimo Oscar, il film ha rischiato di non uscire nel nostro paese, in quanto dopo la presentazione al Far East Film Festival di Udine (Aprile 2009), nessuna casa distributrice si è interessata alla diffusione della pellicola. Soltanto un anno dopo il film ha finalmente visto la luce di una sala italiana grazie alla volontà di una giovane e coraggiosa casa di distribuzione, la Tucker Film.
                                                                                                                       V.M.


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