THE ROAD
regia John
Hillcoat
con Viggo
Mortensen, Charlize Theron, Robert Duvall,
Kodi Smith-McPhee, Guy Pearce, Molly Parker
sceneggiatura
Joe Penhall
fotografia Javier
Aguirresarobe
montaggio Jon
gregory
scenografia Chris
Kennedy costumi
Margot Wilson
musica Nick
Cave, Warren Ellis
produzione
Nick Wechsler, Steve and Paula Mae Schwartz
distribuzione
Videa
durata 1h51m
Usa 2009
La trama:
Da oltre dieci anni la Terra è stata sconvolta da un cataclisma che ha
cancellato quasi ogni forma di vita. I pochi uomini sopravvissuti vivono di
stenti, affamati e senza più alcun beneficio del mondo moderno. Un uomo e il suo
bambino vagano nella desolazione più totale con l'intento di raggiungere
l'oceano dove pensano di trovare altri sopravvissuti. Intorno a loro solo
cenere, freddo, e bande sciolte di uomini armati in cerca di altri esseri umani di cui
nutrirsi.
Il regista: Australiano,
John Hillcoat nasce nel 1961 nel Queensland, ma cresce fra America, Canada e
Gran Bretagna. Inizia come regista di video musicali e lavora con artisti del
calibro di Nick Cave (sue le musiche del film), INXS, Crowded House, Depeche
Mode, Robert Plant, Muse e Razorlight. La sua prima regia al cinema è Ghost...
of the civil dead ('88), seguito da To have and to hold ('96)
e La proposta ('06).
Il film:
Tratto dall'omonimo romanzo premio Pulitzer del 2006 di Cormack McCarthy, già
autore di quel
Non è un paese per vecchi portato sul grande schermo dai fratelli
Coen con grande successo nel 2007, The road non va descritto e
catalogato come un film post-apocalittico, ma piuttosto come una delicata e
toccante storia d'amore fra padre e figlio.
Post-apocalittico è senza dubbio l'ambiente dove i fatti hanno luogo, così come
il background interiore dei due protagonisti e il paesaggio in cui si
muovono che ha un'enorme influenza sui rapporti fra di loro ed i vari altri
personaggi che incontrano lungo la strada.
E' passato poco più di un decennio da un cataclisma naturale non ben specificato
dall'autore, che ha lasciato una Terra fiaccata, colpita a morte e destinata ad
una fine imminente. Il calore e la luce del Sole vanno lentamente esaurendosi
portando la temperatura terrestre sempre più in basso vicino allo zero. Animali
e piante non esistono più, indifesi e impreparati sono stati piegati per primi
dalle avversità climatiche. Il paesaggio è quasi lunare, tutto è ricoperto dalla
polvere, tutto è in rovina, non ci sono negozi né elettricità, nulla è rimasto
del mondo moderno di un tempo. Pochi uomini sono sopravvissuti e vagano solitari
o raccolti in piccoli gruppi, come branchi di animali affamati in cerca di
qualsiasi forma di cibo. Il cannibalismo non è più un tabù e per molti è ormai
l'unico strumento di sopravvivenza.
E' un'umanità quella di The road che è piombata indietro nel tempo,
che ha perso tutto, a partire dai valori alla base di una comunità. I buoni e i
cattivi non si distinguono più, e non solo perché nascosti dietro una maschera
di sporcizia, di sofferenza e di privazioni.
Un uomo e il suo bambino viaggiano insieme verso l'oceano, in cerca di un clima
più mite che possa almeno dare loro la speranza di una fine più lontana. L'uomo
passa il tempo a raccontare al figlio come era il mondo prima della catastrofe,
di quando c'era il sole, il calore, la felicità, la spensieratezza. Il bambino è
l'unica sua speranza, l'unica sua ragione ancora di esistere, la prova che Dio
c'è ancora e che ancora gli parla. Il bambino d'altro canto, che non ha mai
conosciuto nulla del mondo come lo conosciamo noi, vive all'ombra di questo
immenso amore paterno, immemore di quello della madre che lo ha lasciato troppo
presto.
Ed è proprio in questo rapporto d'amore che va oltre tutti i rischi, oltre la
ragione della sopravvivenza che il film vola alto, rispettando l'immediatezza e
la profondità del messaggio racchiuso nelle parole scritte di McCarthy. La
storia di un amore infinito e tragico, della disperazione di un uomo che sente a
poco a poco la vita sfuggirgli fra le dita e che non si rassegna al pensiero di
dover lasciare il proprio bambino da solo in un mondo dove non c'è più pietà, né
compassione, né umanità, dove gli uomini sono ormai ridiventati bestie e
rispondono solo ai loro istinti primordiali. La disperazione di un uomo che è
costretto a dover insegnare al proprio bambino a come usare contro se stesso
l'unico proiettile rimasto nella sua pistola, in caso di un veramente estremo
pericolo.
In questo la regia di Hillcoat è impareggiabile, e riesce a catturare appieno i
disperati momenti di sconforto che sempre più frequentemente attraversano lo
sguardo di un Viggo Mortensen profondamente calato nel personaggio, uno sguardo
sfibrato, stremato, estenuato da una ricerca di speranza che è sempre più
consapevole non potrà mai trovare.
In un film come questo, dove l'ambientazione gioca il ruolo fondamentale da
quasi co-protagonista, la scelta dei luoghi giusti per le riprese è stata di
vitale importanza. A dare le giuste tonalità fredde, plumbee, opprimenti
descritte da McCarthy, una cinquantina di location scelte nel paesaggio brullo e
invernale della Pennsylvania, dove il film è stato prevalentemente girato in
otto settimane a partire dal febbraio '08, oltre che ad altre sequenze riprese
nelle periferie di New Orleans distrutte dall'uragano Katrina, o sul Monte
Sant'Elena nello stato di Washington, parzialmente distrutto da una spaventosa
eruzione nel 1980.
Pur raccontando una storia estremamente intima e personale fra un padre ed un
figlio, nel film vediamo brevi apparizioni di altri personaggi, portati sullo
schermo anche se per poche scene da nomi noti del cinema americano. Dai premi
Oscar Charlize Theron (Monster),
che appare in pochi flashback, e Robert Duvall (Un tenero ringraziamento),
irriconoscibile sotto un pesantissimo trucco, fino alle apparizioni in due
singole sequenze di pochi minuti ciascuna di Michael K. Williams (Perdona
e dimentica) e di Guy Pearce (L.A. Confidential).
Per il ruolo del bambino, dopo centinaia di provini ed in parte per la
somiglianza con la Theron, è stato scelto l'australiano
Kodi Smith-McPhee, dodicenne al tempo delle riprese, oggi fra i
nuovi piccoli divi in erba ad Hollywood, interprete nel 2010 del remake
americano del cult svedese Lasciami entrare ('08).
V.M.
versione per la
stampa