AMABILI RESTI
regia Peter
Jackson
con Saoirse
Ronan, Mark Wahlberg, Rachel Weisz,
Susan Sarandon, Stanley Tucci, Rose McIver
sceneggiatura
Peter Jackson, Fran Walsh, Philippa Boyens
fotografia Andrew
Lesnie
montaggio
Jabez Olssen
scenografia Naomi
Shohan
costumi
Nancy Steiner
musica
Briam Eno
produzione
Jackson, Walsh, Boyens, Cunningham, Peyronnet
distribuzione
Universal
durata
2h15m
Usa 2009
La trama:
Susie Salmon è una ragazzina di quattordici anni che viene barbaramente
assassinata mentre torna a casa da scuola. Dopo la morte rimane intrappolata in
una sorta di limbo fatato dove ogni cosa assume connotazioni magiche ed ogni suo
desiderio viene subito realizzato, ma da cui non potrà fuggire finché non
riuscirà a tagliare l'ultimo legame con la sua famiglia, di cui osserva
l'incolmabile dolore e che cerca di aiutare nello smascherare il suo brutale
assassino.
Il regista: Peter
Jackson nasce nel 1961 a Pukerua Bay, Nuova Zelanda e fin da giovanissimo si
appassiona al cinema, realizzando a diciassette anni il suo primo corto The
valley. Fuori di testa è il suo secondo corto realizzato in quattro
anni nei finesettimana, poi trasformato in un lungometraggio nel 1987 grazie ad
un contributo della New Zealand Film Commission che lo porterà addirittura al
Festival di Cannes. Dirige in seguito altri undici film fra cui Creature del
cielo ('94), con una Kate Winslet ad inizio carriera, Sospesi nel tempo
('96), ma è con la trilogia de Il signore degli anelli (2001-2003) che
ottiene il successo planetario, totalizzando con i tre film ben venti premi
Oscar. Segue il rifacimento di
King Kong
nel 2005, mentre è in preparazione da anni l'attesissimo The hobbit, la
cui uscita è prevista per il 2012.
Il film:
Al contrario di quello italiano, e non meno della maggior parte di quello europeo,
il cinema americano non ha mai avuto paura di affrontare l'argomento della morte, aiutato in un certo senso da un approccio più laico verso
il tema della vita oltre la vita, più autonomo e meno vincolato ai solidi
dettami del cattolicesimo, che fanno di questo concetto materia fondamentale
del proprio pensiero e fondamento.
L'elaborazione del lutto nella cinematografia statunitense e anglosassone in
genere, non perde chiaramente
lo stretto connubio con sentimenti del tutto umani come il dolore, la non
accettazione della perdita, la mancanza della persona amata, ma in un certo qual
modo si impone come un tema che si sviluppa e progredisce libero da riflessioni
e da condizionamenti prettamente cattolici legati al giudizio che saremo
costretti a subire una volta nell'aldilà, regolato dall'equità, dall'umanità e
dalla misericordia delle nostre passate azioni terrene, riuscendo a trovare una
sua identità specifica all'interno di una connotazione molto più umanamente terrena, e più
scevra da sovrapposizioni culturali legate all'aspetto religioso.
E di un'elaborazione "laica" del lutto tratta il nuovo film del regista neozelandese
Peter Jackson, passato alla storia come l'artefice della trilogia de Il
signore degli anelli, ma già in passato autore di opere del tutto personali
e originalissime come il torbido Creature del cielo, o i più
dichiaratamente splatter Fuori di testa o Sospesi nel tempo.
Tratto dal best-seller omonimo della scrittrice Alice Sebold, Amabili resti
prende spunto da un fatto di estrema crudeltà ed efferatezza, la morte di
una quattordicenne violentata ed uccisa da un pedofilo. Malgrado l'argomento sia
di quelli che fanno scappare il pubblico a gambe levate, il film è in realtà
molto diverso da quello che in un primo momento si potrebbe immaginare. Jackson
sceglie un approccio al romanzo del tutto personale e si discosta notevolmente
da quella che è la storia scritta, abbandonandone in maniera decisiva l'elemento
più scomodo, più scioccante, quello della descrizione delle brutalità subite
dalla ragazzina, molto presenti e dettagliate nel libro, ma completamente assenti
nella pellicola.
Jackson va oltre la violenza e si concentra sul dopo. Fin dalle prime sequenze
ci informa, attraverso la voce off della protagonista, che lei non è più in vita
e che ci sta parlando da una sorta di intermezzo dell'aldilà dal quale attende
ed osserva.
Il regista si dimostra corretto con lo spettatore, non lo colpisce alle spalle
con scene ad effetto, non lo aggredisce con immagini truculente o situazioni
insostenibili, ma piuttosto lo accompagna attraverso il delicato territorio di
un racconto che pur parla dell'assassinio di una poco più che bambina, con delicatezza,
sensibilità, tatto, raccontando una realtà altrimenti inenarrabile abbracciando
il punto di vista della giovane vittima. Questo è un elemento che ha fatto
scatenare gli estimatori del libro, e i fan dei primi lavori del regista, dove
veniva affondato molto l'acceleratore sul pedale horrorifico e dello splatter, e
forse sotto quest'ottica, chi non ha letto il libro riuscirà ad apprezzare
maggiormente il film.
La pellicola diventa appunto l'elaborazione di un lutto a cui vengono chiamati a
prendere parte gli spettatori stessi insieme alla protagonista ed ai componenti
della sua famiglia. Assieme a lei il regista ci spinge in un viaggio attraverso
un mondo fatato, magico dove i colori, le sensazioni, la musica (indiscutibile
la scelta dei Cocteau twins), sono gli elementi primordiali di un
universo alto e illuminato, dove la piccola Susie dovrà trovare la sua strada
verso l'eternità. In questo viaggio fiabesco, affascinante pieno di situazioni
irreali e immaginarie riflesse in una luce ultraterrena celestiale ed angelica,
lo spettatore rimarrà a fianco della protagonista che attraverso i ricordi della
sua breve vita trascorsa sulla terra (il primo amore, il suo hobby, la
famiglia), aiuterà i genitori e la sorellina a smascherare il suo pericoloso
assassino.
L'ampio uso degli effetti speciali in questo caso diventa una necessità
insostituibile, una sorta di must per il film, e grazie a loro lo
spettatore riesce ad abbandonarsi totalmente ad un altromondo immaginato,
splendente e bellissimo da vedere.
Dopo il debutto in
Espiazione,
ritroviamo nel panni di Susie la giovane Saoirse Ronan, accompagnata sullo
schermo da Mark Whalberg (The
departed) e Rachel Weisz (The
constant gardener) nel ruolo degli affranti genitori, mentre in quello
un po' sopra le righe della nonna troviamo una scoppiettante Susan Sarandon. A vestire
invece i panni dell'oscuro assassino un inedito Stanley Tucci (Il diavolo
veste Prada), qui forse nel primo ruolo da vero cattivo della sua lunga
carriera, trasformato nel film nei lineamenti e candidato all'Oscar per
l'interpretazione.
V.M.
versione per la
stampa