ANTICHRIST
regia Lars von
Trier
con Charlotte
Gainsbourg, Willem Dafoe,
Storm Acheche Sahlstrom
sceneggiatura
Lars von Trier
fotografia
Anthony Dod Mantle
montaggio Asa
Mossberg
scenografia Karl
Juliusson
costumi
Frauke Firl
produzione
Meta Louise Foldager
distribuzione
Lucky Red
durata 1h40m
Danimarca 2009
La trama:
Dopo la scomparsa del loro bambino, un uomo e una donna cercano di rimettere
insieme i pezzi del loro matrimonio. Lui psicoterapeuta, commette l'errore di voler
curare di persona la moglie, caduta in una profonda depressione, accompagnata da
un forte senso di colpa e da crisi autolesionistiche. I due si trasferiscono
nella loro piccola baita fra i boschi, per ritrovare l'equilibrio perduto.
Ma la natura avrà il sopravvento ed eventi superiori li investiranno.
Il regista: Fra
i più grandi registi contemporanei europei e co-fondatore del celebre movimento
cinematografico Dogma, Lars von Trier nasce a Copenaghen nel 1956 e dopo un
inizio nel mondo dei videoclip e della pubblicità, esordisce al cinema con
L'elemento del crimine ('84), a cui seguono Epidemic ('87) ed
Europa ('91). Parallelamente dirige per la tv Medea ('87) e il
rinomato The kingdom, diviso in due serie del '94 e '97. Le onde del
destino ('96) e il Gran Premio della Giuria assegnato al film a Cannes, lo
lanciano definitivamente sul palcoscenico internazionale. Seguono Idioti ('98) e
Dancer in the dark, Palma d'Oro a Cannes nel 2000.
Dogville ('03) e Manderlay
('05) costituiscono i primi due capitoli di una trilogia dedicata all'America,
che dovrebbe concludersi con Washington, previsto per il 2010. Ancora nel 2006
ha diretto Il grande capo.
Il film:
Ci sono film che obbligano a degli interrogativi inevitabili quanto necessari, e
Antichrist, senza dubbio l'opera più personale e sincera di uno dei grandi
cineasti della nuova era, è sicuramente fra questi.
Fino a che punto un regista può lasciarsi trasportare da una propria esigenza e
necessità personale, abbandonandosi totalmente nel mostrare sul grande schermo i
suoi demoni interiori, ignorando coscientemente e volontariamente lo
scopo commerciale di un film?
Il 18 maggio 2009, durante la conferenza stampa del film appena presentato in
concorso, e in anteprima mondiale a Cannes, alla domanda piuttosto stizzita di
Baz Bamigboye, inviato del prestigioso quotidiano inglese Daily Mail, "Ci può
spiegare e giustificare la ragione per cui ha fatto questo film?", Lars von
Trier rispose con il consueto aplomb e pacatezza che lo hanno sempre contraddistinto, "Non
sento di dovermi scusare. Voi siete tutti miei ospiti, non il contrario... Io la
vedo così... E' la mano di Dio, mi dispiace... E io sono il miglior regista al
mondo... Non sono sicuro che Dio sia il miglior Dio al mondo, ma questa è
un'altra storia... Io ho lavorato per me stesso ed ho girato questo film, di cui
ora sono orgoglioso. Non l'ho fatto né per voi, né per il pubblico".
Queste poche battute bastano a giustificare ed a chiarire la posizione di un
cineasta che ha voluto sottolineare l'aspetto terapeutico che il cinema può
assumere per un
autore, quando quest'ultimo decide di affrontare apertamente le sue paure, fobie
ed ansie e metterle su pellicola senza reticenze né scappatoie o trucchi ad
effetto. E sotto questa luce possiamo tranquillamente definire Antichrist
quasi un tentativo di terapia su grande schermo.
Che von Trier sia sempre stato vittima di angosce ed ossessioni personali è noto
a tutti, come è chiaro che il regista non sia mai riuscito del tutto a
nascondere queste paure nelle sue pellicole precedenti. Ma mai come in questo
film le fissazioni del regista sulla sessualità, sul rapporto tra uomo e natura,
su Dio e sul al contempo temuto e desiderato universo femminile, sono venute
alla luce.
Nato da un lungo e doloroso periodo di depressione, per cui il regista si era
convinto che non sarebbe più stato in grado di girare film, Antichrist
è una pellicola vorticosa, di prepotente bellezza, ipnotica, dolorosa e per
molti aspetti insostenibile, eccessiva, carica di terribili brutalità.
Attraverso i due senza nome protagonisti della storia, von Trier
affronta i fantasmi della sua psiche e della sua anima, trasponendoli sullo
schermo nella descrizione dei mali e dei misteri dell'uomo e della natura, dei
meccanismi che regolano i delicati equilibri fra mente e corpo, fra sessualità e
spiritualità, fra colpa e redenzione, fra il male più oscuro e le misteriose,
molteplici sembianze che può assumere intorno a noi.
In un racconto straboccante di visioni, proiezioni mentali, allucinazioni e
percezioni sensoriali, quasi una mesmerizzazione dell'uomo attraverso il ruolo
imprescindibile del caos naturale, il regista sfida tematiche come la misoginia,
la donna vista come simbolo del male nella storia, la caccia alle streghe e il
male insito dentro di lei pronto a manifestarsi sotto forme diverse in qualsiasi
momento.
Lei (la protagonista) sta studiando ad una tesi sul genocidio e sulle peggiori
accuse mosse verso le donne nel corso della storia. Si legge ad esempio del
Malleus Maleficarum, un testo scritto da due preti cattolici su come interrogare
e torturare le donne per scoprire se avevano avuto rapporti con il demonio. Nel
corso dei secoli e dei millenni le donne hanno subito e convissuto con la
concezione universale che le identificava come simbolo di un legame
indissolubile con il Male. La donna è rappresentazione indiscussa della natura e
del caos naturale, e come la natura è incontrollabile. Attraverso la lettura dei
testi su cui sta studiando, Lei diventa come tutte le donne della storia
dell'umanità,
accumula, assorbisce e fa suoi questi concetti, auto-convincendosi di essere
malvagia, di racchiudere il male dentro di se (spinta anche dal senso di colpa
per la morte del figlio) e di darne rappresentazione attraverso la sua sessualità,
scatenandosi in atti di violenza verso se stessa e verso il marito.
Attraverso l'evoluzione dei terribili eventi il regista fa trasparire le sue
angosce ed inquietudini, e nel film si identifica in Lui che diventa il suo
alter ego, ma anche a tratti nell'alienazione di Lei, lasciando però il dubbio
su chi sia veramente l'Anticristo.
Fischiato ed applaudito a Cannes, il film è stato ingiustamente accusato di
misoginia, ed ha lasciato sgomenti sia il pubblico che la critica, per le scene
di sesso esplicito e per le sequenze di violenza ed autolesionismo.
Il film è circoscritto da un prologo ed un epilogo che fanno già parte della storia
del cinema. Accompagnati da una straziante versione de Lascia ch'io pianga,
tratta dal Rinaldo di Handel, girati in un bianco e nero d'altri tempi,
con una macchina da presa speciale e sofisticatissima capace di catturare mille
fotogrammi al secondo per una definizione dei particolari incredibile, mandati
sullo schermo a velocità bassissima, i due momenti racchiudono in loro l'essenza
estrema del film e di tutti i suoi molteplici significati.
La parte centrale della storia invece prende atto nella minacciosa foresta che ospita
Eden, il piccolo rifugio di legno della coppia.
Per individuare la foresta perfetta dove poter ricreare l'azione, sono state
visionate più di venticinque location diverse in tutta Europa, fra le quali è
stato scelto un bosco in Germania, mentre la piccola baita di legno è stata scoperta in Norvegia, smontata e rimontata pezzo per pezzo
sul luogo del set.
Vecchia di cento anni, la piccola costruzione è stata oggetto
di un curioso quanto inaspettato inconveniente per la troupe.
Eretta in un punto prestabilito del bosco tedesco l'inverno precedente il momento delle riprese, per poter dar tempo alla vegetazione di crescerle intorno in maniera
spontanea e naturale, a qualche settimana dal primo ciack, nelle immediate
vicinanze della casetta di legno è stato scoperto un nido di cicogne, animali
fortemente protetti e tutelati in
Germania. Gli enti governativi e le associazioni per la salvaguardia delle
specie protette hanno di conseguenza impedito l'inizio delle riprese del film, costringendo
la produzione a smontare
di nuovo la struttura per rimontarla in un nuovo punto della foresta.
L'importantissima valenza della Natura nel film, oltre che dalla foresta è stata sottolineata dalla presenza
inquietante dei "tre mendicanti", tre animali che simboleggiano la sofferenza,
il dolore e la disperazione. Una volpe, un corvo ed un cervo, tutti non a caso di
sesso femminile, sono protagonisti di indimenticabili momenti veramente unici e
agghiaccianti del film, girati con animali appositamente ammaestrati da esperti
per questa pellicola, operazione che ha richiesto un lungo lavoro preparatorio
visto il bassissimo livello di addomesticabilità delle specie, soprattutto della volpe.
La magnetica, plumbea e sovraesposta fotografia di Anthony Dod Mantle (Oscar per
The
millionaire), fedele collaboratore di von Trier (Dogville,
Manderlay), fornisce il contributo appropriato e necessario a sottolineare
il stile unico del film.
Nel ruolo dei due unici personaggi che appaiono sullo schermo l'attore americano Willem Dafoe, già in Manderlay per
von Trier, e l'anglo-francese Charlotte Gainsbourg (21
grammi,
Nuovomondo), premiata a Cannes come miglior attrice, per
l'impegnativa oltre ogni immaginazione interpretazione.
V.M.
versione per la
stampa