TIME

regia Kim Ki-duk
con Sung Hyun-ah, Ha Jung-woo,
Park Ji-yun, Kim Sung-min
sceneggiatura Kim Ki-duk
fotografia Sung Jong-moo montaggio Kim Ki-duk
scenografia Choi Keun-woo costumi Lee Dah-yeon
musica Noh Hyung-woo
produzione Happinet Pictures, Kim Ki-duk Film,
Cineclick Asia
distribuzione Mikado
durata 1h37m

Corea del Sud 2006
 

La trama: L'amore di una coppia scalfito dalla gelosia e dalla paura del passare del tempo. La donna ossessionata dal fatto che un giorno lui si stancherà di lei, decide di cambiare identità ricorrendo alla chirurgia plastica che le cambia il viso, mettendo alla prova l'amore dell'uomo. Lui non la riconoscerà e la cercherà disperatamente.


Il regista: Kim Ki-duk nasce il 20 dicembre 1960 a Bonghwa, Corea, e a nove anni si trasferisce con la famiglia nella capitale Seul. Da giovane è stato operaio in una fabbrica, poi si arruola in marina ed in seguito segue perfino la carriera ecclesiastica per due anni. Si avvicina al cinema piuttosto tardi, quando trentenne si trasferisce in Francia. Il suo primo film è Wild animals del 1996, seguito da altri tredici lungometraggi che attraverso i festival internazionali dove sono stati presentati, hanno fatto conoscere il regista a livello mondiale. Piuttosto prolifico, fra i suoi film ricordiamo The crocodile ('98), L'isola ('99), Adress unknown ('01), Bad guy ('02), The coast guard ('02), Primavera, estate, autunno, inverno... e ancora primavera ('03), Ferro 3
('04 - miglior regia a Venezia), La samaritana ('04 - miglior regia a Berlino), L'arco ('05),
Soffio
('07).


Il film: Già come in precedenti opere del regista, torna in Time  l'ossessione amorosa della coppia, le paure e le disfunzioni della vita a due, in questo caso focalizzate sull'importanza dell'apparire, della bellezza esteriore, della valenza del piacere all'altro e della paura di non essere più l'oggetto di questo piacere agli occhi del partner.
La storia è quella di una moderna coppia di Seul, bella, felice, che si ama, fino a quando il tarlo di un'ossessione si fa strada nella mente di lei: un giorno lui si stancherà del suo volto e la lascerà per un'altra. La donna a questo punto in preda ad un estremo atto masochistico, decide di cambiare il suo volto con la chirurgia plastica, per riapparire mesi dopo agli occhi del suo uomo e farlo di nuovo innamorare di lei, con la passione e il fervore della prima volta. Ma le conseguenze non saranno quelle da lei desiderate, e tutto andrà fuori controllo.
Time  ha uno stretto legame con altri due film simbolo della cinematografia di Kim Ki-duk, L'isola  e Ferro3, che come quest'ultimo, raccontano l'isolamento, l'alienazione e la disfunzione della coppia. Come in L'isola  i due innamorati sono disposti al supplizio fisico, al dolore e al flagello corporale in nome di un ritrovato e risanato sentimento dell'anima, e come in Ferro 3  sono isolati dal mondo che li circonda non riuscendo più a interagire se non con i fantasmi che abitano la loro memoria. La coppia che in Ferro 3  era prigioniera della casa vuota, qui diventa prigioniera del proprio corpo, in bilico fra sogno e realtà, una realtà sempre velata, sempre filtrata da uno schermo, che sia una rete o un'ombra (Ferro 3), un lenzuolo o una maschera (Time). Un realtà alterata che dona al film una circolarità temporale onirica e fantastica, in cui inizio e fine coincidono. L'ossessione della perdita e del possesso vista come una prigione che intrappola i due amanti, raccontata sempre attraverso simboli, l'isola, la casa e qui, il proprio corpo. La coppia, quindi, di nuovo messa sul freddo tavolo di marmo del regista, sezionata ed analizzata negli aspetti più fisicamente ossessivi e malati, coppia che per amore è disposta al dolore della carne ed alla resurrezione sotto altra forma.
Girato come di consueto con una troupe ristretta e in sole due settimane, Time  è il film più parlato del regista e forse quello in cui ha amato di più auto-citarsi. A parte i palesi legami con altri suoi film, si vede in una scena appesa al muro la locandina del primo film di Kim Ki-duk Wild animals, mentre il protagonista del film che è un montatore cinematografico, sta lavorando sul suo computer ad inquadrature di Ferro 3.
Una curiosità: il parco delle sculture dove è girata una delle sequenze più suggestive e poetiche del film non esiste, ma è stato ricostruito su una spiaggia deserta. La scultura delle due mani che sorreggono la scala è stata montata sulla spiaggia con la bassa marea, e si è atteso che il mare salisse per girare la scena simbolo del film.
                                                                                                                      V.M.


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