PRIMAVERA, ESTATE, AUTUNNO, INVERNO
...E ANCORA PRIMAVERA


regia Kim Ki-duk
con Oh Young-su, Kim Ki-duk, Kim Young-min, Seo Jae-kyung,
Ha Yeo-jin, Kim Jong-ho, Ji Dea-han, Song Min-young
sceneggiatura Kim Ki-duk
fotografia Baek Dong-hyun
montaggio Kim Ki-duk
scenografia Oh Sang-man costumi Kim Min-hee
musica Bark Ji-woong
produzione Korea Pic, LJ Films, Pandora, Cineclick
distribuzione Mikado
durata 1h43m

Corea del Sud 2003


La trama: La ciclicità della vita dell'uomo raccontata attraverso una parabola di cinque stagioni, dalla primavera ad un'altra primavera, di anni diversi. Sulle sponde di un lago remoto e magico, lontano dalla civiltà, due monaci ci insegnano la fanciullezza, la maturità, la cattiveria, l'odio, l'amore, la consapevolezza e il dolore, dipinti in immagini elegiache di abbacinante bellezza e poesia.


Il regista: Kim Ki-duk nasce il 20 dicembre 1960 a Bonghwa, Corea, e a nove anni si trasferisce con la famiglia nella capitale Seul. Da giovane è stato operaio in una fabbrica, poi si arruola in marina ed in seguito segue perfino la carriera ecclesiastica per due anni. Si avvicina al cinema piuttosto tardi, quando trentenne si trasferisce in Francia. Il suo primo film è Wild animals del 1996, seguito da altri undici lungometraggi che attraverso i festival internazionali dove sono stati presentati, hanno fatto conoscere il regista a livello mondiale. Piuttosto prolifico, fra i suoi film ricordiamo The crocodile ('98), L'isola ('99), Adress unknown ('01), Bad guy ('02), The coast guard ('02), Ferro 3 ('04 - miglior regia a Venezia), La samaritana ('04 - miglior regia a Berlino), L'arco ('05).


Il film: Il poeta del nuovo cinema coreano che sei anni fa' scioccò il pubblico del Lido con la crudezza de L'isola (testimonianza personale della proiezione interrotta a causa di persone che si sono sentite male ed hanno abbandonato la sala, n.d.r.), ci sorprende ancora una volta con un film poetico, magico, carico di significati ed insegnamenti, dove la natura e la semplicità del suo scorrere si ergono a maestri di vita. Ancora una volta uno scenario naturale mozzafiato, esclusivo, astratto e lontano anni luce da quello che è il nostro mondo moderno: il lago Jusan, specchio lucente di acqua purissima in mezzo a montagne impenetrabili, al cui centro sorge un piccolo tempio galleggiante, ultimo baluardo di redenzione, simulacro e speranza allo stesso tempo per un'umanità sempre più alla deriva. Attorno al piccolo santuario scorrono le vite e i dolori di vari uomini, simboli universali, che mostrano il dolore, l'odio, la follia dell'amore, gli errori irreparabili, il raggiungimento della cognizione di sé, della consapevolezza della propria esistenza.
Ancora un percorso diverso per il regista che sempre mette al centro della sua personalissima visione di cinema, l'uomo con le sue passioni e le sue tragedie, immerso in una realtà contemporanea e allo stesso tempo, estranea e sospesa in un mondo che solo lui ci sa raccontare. Un Kim Ki-duk sempre nuovo, sempre interessante, sempre curioso di scandagliare l'animo umano, ogni volta in un film diverso, ma sempre magico e illuminato.
Un'ulteriore conferma del fuoco che anima il cinema orientale, soprattutto quello coreano che negli ultimi anni si è imposto a livello internazionale (Oasis, La moglie dell'avvocato, Old boy, Lady Vendetta)