REC

regia Jaume Balaguerò, Paco Plaza
con Manuela Velasco, Ferran Terraza, Jorge-Yamam Serrano
Pablo Rosso, David Vert, Vicente Gil, Martha Carbonell

sceneggiatura Jaume Balaguerò, Paco Plaza, Luis A. Berdejo
fotografia Pablo Rosso
montaggio David Gallart
scenografia Gemma Faurìa costumi Gloria Viguer
musica Carlos Ann
produzione Julio Fernàndez
distribuzione Mediafilm
durata 1h20m

Spagna 2007
 

La trama: Puro orrore nella notte di Barcellona. Angela, conduttrice di un reality sulle professioni della gente, sta seguendo una squadra di pompieri impegnata nel normale svolgimento del loro dovere notturno. La richiesta di soccorso di una vecchina rimasta chiusa in casa sembra scuotere l'apparente routine di una serata piuttosto noiosa, ma per Angela e per la sua troupe sarà solo l'inizio di un incubo incredibile quanto mostruosamente reale.


I registi: Jaume Balaguerò nasce a Lleida nel 1968. Inizia come giornalista cinematografico nel 1992 e diventa l'editore della rivista di cinema underground Zineshock. Nel '94 scrive e dirige il corto Alicia  che vince diversi festival, seguito nel '95 da Dias sin luz, per cui cura anche il montaggio. Nameless ('99) il suo primo film, gli da notorietà internazionale e gli spalanca le porte di Hollywood. Seguono Darkness ('02), Fragile ('05) e Para entrar a vivir ('06) che fa parte della serie televisiva Peliculas para no dormir.

Paco Plaza nasce a Valencia nel 1973 e studia regia alla Escuela de Cirie de Madrid. Nel 1999 dirige il cortometraggio Abuelitos  che vince diversi premi ai Festival di Bruxelles e San Sebastian. Nel 2003 realizza il suo primo film Second name  che lo rende famoso in tutto il mondo. Gli altri suoi film sono I delitti della luna piena ('03) e Cuento de navidad ('06), incluso nella serie televisiva Peliculas para no dormir.


Il film: Ci si interroga spesso sulle motivazioni del successo di un film, su cosa abbia fatto funzionare a puntino il difficile meccanismo di una produzione cinematografica, su quale sia stato il mix magico giusto per far sì che tutti gli elementi narrativi convogliassero nel binario a senso unico del grande successo di critica e pubblico.
Questo assume un peso ancora più importante quando si tratta di un genere classico come quello horror, che si basa su regole ferree, ben fissate e costrittive per registi e sceneggiatori. Come è possibile quindi, che nel panorama del cinema horror internazionale, saturo ormai di idee, in cui le storie sembrano assomigliarsi sempre più, dove nemmeno lo splatter più estremo e il gore più sfrenato riescono a donare un luccichio diverso a pellicole che risultano incapaci di elevarsi e distinguersi in mezzo a tanti titoli sempre più simili fra loro, si riesca a trovare la combinazione di elementi giusta per il successo?
La ricetta dei registi di Rec, il più terrificante horror dell'ultima stagione cinematografica spagnola, sembra essere molto semplice nel voler scardinare quelli che sono i paradigmi del cinema di genere, le basi e le regole fondamentali del cinema horror. Eliminare cioè totalmente la musica e il montaggio dal film, per concentrarsi sulla tecnica della soggettività.
Immaginare i grandi cult horror del passato senza la loro musica, che spesso rimane uno dei ricordi più terrificanti nello spettatore, o i colpi di scena improvvisi realizzati grazie ad un attento lavoro di montaggio, è sicuramente una follia, ma nella saturazione di plot identici fra loro e sterili ripetizioni stilistiche di cui lo spettatore di oggi è vittima inerme, Rec  pare veramente aver trovato gli ingredienti giusti, seppur ad una prima analisi sembrerebbe difficile immaginarli capaci di portare un film al successo.
Il gioco geniale di Rec è quello di aver pensato ad una storia semplice, che punta tra l'altro ad elementi del cinema horror ampiamente sfruttati in passato, come il tema delle epidemie e della claustrofobia, e di prendere lo spettatore e trasportarlo direttamente all'interno della storia stessa, facendolo diventare il primo protagonista attraverso l'uso della soggettiva, togliendogli quei punti di riferimento sicuri che ricerca in questo genere di cinema, come la musica e il montaggio. Tutto il film è raccontato attraverso il resoconto della reporter Angela, ripresa  costantemente dalla videocamera del suo cameramen che diventa il punto di vista dello spettatore. La camera si trasforma negli occhi dello spettatore che è catapultato per tutto il film all'interno dell'azione. La musica è inesistente, e gli unici elementi sonori sono i rumori che scaturiscono dalle azioni che ci succedono intorno. Non esiste montaggio e tutto il film è il risultato di un lungo e continuo piano sequenza che non offre punti di riferimento, non lascia pause di riflessione allo spettatore e colpisce il bersaglio di riuscire a mantenere sempre molto viva l'attenzione.
Il film è stato pensato dai registi come una pellicola che fosse diversa dalle precedenti, a cui lo spettatore non fosse abituato e questo costituisce la loro carta vincente. Il racconto si mantiene il più possibile vicino alla realtà. Tutto accade in tempo reale, non c'è un prima o un dopo, ma soltanto un adesso. Gli avvenimenti semplicemente accadono come nella vita reale, e succedono davanti ai nostri occhi, a volte in lontananza quasi fuori fuoco oppure appena sui bordi dell'inquadratura per essere catturati quasi con la coda dell'occhio. Tutto è vissuto in prima persona, niente ci viene raccontato e niente accade lontano dalla nostra visuale, ma soltanto intorno a noi. La sensazione claustrofobica di essere circondati dagli eventi afferra e intrappola lo spettatore, terrorizzandolo fino alla fine del film.
L'edificio stesso, lungamente ricercato dalla produzione e finalmente individuato al no. 34 della Rambla de Catalunya, nel cuore vivo delle Ramblas di Barcellona, diventa parte integrante della storia e attraverso il buio dei lunghi corridoi, le ombre del chiostro, lo stile antico delle rampe di scale dalle balaustre classiche e il mobilio vecchio e asfittico dei suoi appartamenti signorili, gioca un ruolo cardine negli eventi, trasformandosi in protagonista assoluto alla stregua degli attori in carne ed ossa.
Per il film i registi hanno preteso realismo e spontaneità estremi scegliendo attori poco conosciuti tenuti quasi all'oscuro di tutto, che hanno lavorato per tre settimane sul set senza conoscere i veri sviluppi della sceneggiatura. L'attrice Manuela Velasco che nel film interpreta la protagonista Angela, è nella vita una vera reporter di reality televisivi, e insieme all'operatore alla macchina è andata realmente in una stazione dei pompieri per filmare una loro notte in servizio. In momenti cruciali in cui alcuni attori si sono trovati in difficoltà o hanno avuto realmente paura, le riprese non sono state fermate per catturare al massimo l'autenticità del momento.
Girare questo film per i registi Balaguerò e Plaza è stata una sorta di sfida, prima produttiva nel trovare il produttore giusto (Julio Fernàndez, lo stesso de L'uomo senza sonno  e Profumo), e successivamente pratica durante la realizzazione delle riprese, difficili e molto lunghe da preparare se si pensa che i piani sequenza duravano anche venti minuti, prevedevano scene il cui inizio era al pianoterra per arrivare fino alla soffitta del palazzo, coinvolgendo anche gruppi di una ventina di attori, con scene d'azione, inseguimenti e atti di violenza, tutti da riprendere senza errori da parte di nessuno, pena il dover girare tutto di nuovo da capo.
Grazie all'eccellente e meticoloso lavoro fatto sul trucco, per il film non si è ricorsi a nessun effetto speciale, ed è stata inoltre possibile la complicata realizzazione di uno dei personaggi più importanti, costruito sul fisico magrissimo e molto longilineo dell'attore Javier Botet.
Rec è stato presentato fuori concorso al Festival di Venezia 2007. Negli Stati Uniti ne è già stato fatto un remake intitolato Quarantine ('08).
                                                                                                                      V.M.


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