GONE BABY GONE
regia Ben Affleck
con Casey
Affleck, Morgan Freeman, Ed Harris,
Amy Ryan, Michelle Monaghan, John Ashton
sceneggiatura Ben
Affleck, Aaron Stockard
fotografia John
Toll
montaggio
William Goldenberg
scenografia
Sharon Seymour
costumi
Alix Friedberg
musica Harry
Gregson-Williams
produzione Alan
Ladd, Dan Rissner, Sean Bailey
distribuzione
Miramax
durata 1h50m
Usa 2007
La trama:
Boston, quartiere di Dorchester. La piccola Amanda, quattro anni, è scomparsa
senza lasciare traccia. La madre Helène, tossica e sbandata, non è certo di
aiuto alla polizia che è in un vicolo cieco. Gli zii della bambina ingaggiano
Patrick, un detective privato nato nel quartiere che insieme alla fidanzata
Angie, inizia un'indagine parallela. Quando la polizia sembra aver risolto il
caso, i sospetti di Patrick su un possibile insabbiamento si fanno sempre più
concreti.
Il regista: Nato
a Boston nel 1973, Ben Affleck vince un Oscar ad appena venticinque anni per la
sceneggiatura di Will Hunting - Genio ribelle di Gus Van Sant,
scritta a quattro mani con l'amico Matt Damon, con cui recita nel film. Dopo
l'Oscar, la sua carriera di attore ha degli alti e bassi, fino alla Coppa Volpi
vinta a sorpresa a Venezia nel 2006 per Hollywoodland.
Gone baby gone è il suo sorprendente debutto nella regia.
Il film:
A volte vincere un Oscar a venticinque anni, alla prima esperienza
cinematografica, più che lanciare una carriera può incrinarla sul nascere,
creando un malsano e simbiotico rapporto fra l'artista e il prestigioso premio
che ha caricato il (fino a quel momento) anonimo attore, scrittore, regista che
dir si voglia, di enormi aspettative da parte di pubblico e critica.
Più o meno questo è quello che è successo a Ben Affleck la notte del 23 marzo
1998, in cui insieme all'amico Matt Damon vinse il più ambito premio
cinematografico del mondo per la sceneggiatura di Will Hunting - Genio
ribelle, loro prima scrittura portata sullo schermo e loro primo film come
protagonisti. La carriera dei due sconosciuti giovani attori-sceneggiatori subì
un'accelerata che solo l'Oscar riesce a dare, ma mentre Damon iniziò un percorso
attoriale di tutto rispetto che lo ha portato ad essere a distanza di dieci anni
un apprezzato professionista di Hollywood, permettendogli di lavorare con grandi
registi come Van Sant, Minghella, Scorsese e Coppola, per Affleck le cose
andarono diversamente.
Il sentore di una promessa non mantenuta si è mano a mano
consolidato nel corso degli anni, durante i quali l'attore ha accumulato una
serie interminabile di brutte interpretazioni in film improbabili se non
addirittura imbarazzanti. Per trovare una performance degna di nota bisogna
arrivare al 2006 con il film Hollywoodland in cui Affleck
interpreta un attore suicida sul viale del tramonto, interpretazione sentita ed
emozionante che gli fece conferire la Coppa Volpi come migliore attore al
Festival del Cinema di Venezia, e che riaccese in patria i riflettori sul suo
nome. Dopo questi eventi recenti, Affleck ha stupito tutti abbandonando la
recitazione per dedicarsi alla realizzazione del suo primo film come regista,
tornando come un figliol prodigo nei suoi luoghi d'origine, raccontando una
storia di rapimenti, corruzione e droga, ambientata nella sua città, Boston.
L'occasione si è presentata di fronte al giallo poliziesco La casa buia
di Dennis Lehane, lo stesso di
Mystic River,
che costituisce il quarto romanzo dedicato dall'autore alla coppia di
investigatori privati di Boston, Patrick Kenzie e Angie Gennaro.
L'ambientazione proletaria della South Boston tanto cara a Eastwood e a Scorsese,
insieme alla familiarità verso gli ambienti e la popolazione (Affleck è di
Boston, anche se di famiglia medio-borghese), ha subito catturato l'attenzione
dell'attore-regista che è riuscito a riportare sullo schermo, le atmosfere
grigie, la tensione nascosta, le ombre lugubri e il senso di corruzione morale e
sociale racchiusi nel racconto di Lehane.
Gone baby gone grazie alla visione personale e dolente del regista,
si trasforma da una semplice detective story in una storia dal respiro più
ampio, una storia che riflette sulle responsabilità della società nei confronti
dei bambini, sulla moralità di un paese, sul giudizio terreno e divino, sul modo di
affrontare l'educazione che decidiamo di impartire ai nostri figli e sulle
responsabilità che le nostre azioni avranno incondizionatamente sul loro futuro.
Per la sua prima regia, accolta in America come uno dei migliori debutti
dell'anno, Affleck decide di sfruttare al massimo gli ambienti reali della
Boston più proletaria girando tutto il film lungo le vere strade della droga e
del crimine organizzato, e utilizzando numerosi attori non professionisti presi
direttamente dalla strada. Questo dona alla pellicola un'indiscutibile senso di
autenticità e realismo.
Inizialmente il ruolo del protagonista doveva essere interpretato dallo stesso
regista,
ma è passato in un secondo tempo al fratello Casey (L'assassinio di Jesse James per mano del
codardo Robert Ford), bravissimo nel disegnare i dubbi del suo personaggio
con una recitazione misurata e mai sopra le righe. Al suo fianco Michelle
Monaghan nel ruolo di Angie, mentre attori affermati del calibro di Ed Harris,
Amy Madigan e Morgan Freeman ricoprono ruoli da co-protagonisti.
Ma ad emergere
prepotentemente dal gruppo è la trentottenne attrice newyorkese Amy Ryan,
conosciuta per lo più per apparizioni televisive (E.R., Homicide,
Law and Order) e per rappresentazioni teatrali a Brodway, scoperta sul
grande schermo da Sidney Lumet nel suo
Onora il padre e la madre.
La sua abietta, patetica, indifferente Helène, madre drogata e sbandata,
disperata e vittima lei stessa di una società distratta, non passa inosservata
e colpisce come ogni altra cosa nel film, lasciando nello spettatore il tetro,
agghiacciante pensiero che non molti anni prima era stata lei stessa una bambina, proprio come è oggi la sua piccola Amanda.
La sua interpretazione ha colpito moltissimo la critica che le ha garantito nominations come miglior attrice non protagonista ai SAG, ai Golden Globes e
agli Oscar.
V.M.
versione per la stampa