COUS COUS

regia Abdellatif Kechiche
con Habib Boufares, Hafsia Herzi,
Faridah Benkhetache, Abdelhamid Aktouche

sceneggiatura Abdellatif Kechiche
fotografia Lubomir Bakchev
montaggio Ghalya Lacroix
scenografia Benoit Barouh costumi Maria Beloso Hall
suono Nicolas Waschkowski
produzione Claude Berri
distribuzione Lucky Red
durata 2h30m

Francia 2007
 

La trama: A Sète, vicino Marsiglia, Slimane è il fulcro di un grosso gruppo familiare composto da molti figli, una moglie separata, una nuova compagna e la figlia di quest'ultima. Il lavoro ai cantieri navali è scarso e sempre più mal pagato. Il suo sogno è quello di trasformare un vecchio mercantile ancorato nel porto, in un ristorante galleggiante dove offrire ai clienti il famoso cous cous di pesce, tipico della cucina magrebina della zona.


Il regista: Abdellatif Kechiche nasce a Tunisi nel 1960. Trasferitosi in Francia inizia la sua carriera artistica che lo vede regista, sceneggiatore e attore. Esordisce nella regia nel 2000 con il film Tutta colpa di Voltaire, a cui segue nel 2003 La schivata, che vince quattro César.


Il film: Presentato alla Mostra del Cinema di Venezia 2007, Cous Cous, titolo italiano dell'originale La graine e le mulet  (il grano e il cefalo, ingredienti di base del piatto magrebino), è stato il film più amato dalla critica e dal pubblico del Lido, e fortemente atteso come sicuro vincitore del Leone d'Oro.
Racconta la storia umana e sincera di Slimane, il padre di due famiglie in conflitto, e del suo sogno impossibile. Operaio per una vita presso i cantieri navali di Sète, presso Marsiglia, ha sessant'anni ma ne dimostra di più, il volto scavato, lo sguardo fisso e disilluso. Paziente, forte e accomodante, Slimane è al centro di due famiglie distinte e in guerra fra loro. Quella del suo matrimonio ormai finito con una donna dura ed inflessibile, che gli ha dato numerosi figli, molti già adulti e con famiglie proprie, e quella formata con la sua nuova compagna, insieme alla figlia adolescente di lei. Gli scontri sia verbali che fisici fra i componenti dei due gruppi sono frequenti e l'astio mal celato da entrambe le parti, mentre Slimane si trova a dover cercare di far funzionare le cose da una parte e dall'altra, amando indistintamente tutti i suoi cari. Perso il lavoro si illude che aprendo un ristorante galleggiante, tutti possano ritrovare l'intesa e l'armonia del vivere in comune, pensando che ognuno contribuirà facendo la sua parte. E' così che nasce e si realizza il sogno di La source (La sorgente), il barcone arrugginito e abbandonato nel porto, che il vecchio Slimane riporterà a nuova vita, trasformandolo in un ristorante magrebino, dove poter degustare la famosa ricetta segreta del suo cous cous.
Ambientato a Sète, sulla costa francese meridionale vicino Marsiglia, porto multirazziale e crogiolo di culture diverse mescolatesi le une nelle altre, Cous Cous  è un film che parla di speranza come unica forza umana di fronte alle negazioni della vita, e di come un sogno possa diventare l'unica ragione nell'esistenza di un uomo, trasformandosi in realtà contro tutte le peggiori prospettive. E il film non manca nel toccare e commuovere, con la sincerità e la semplicità dei sentimenti portati sullo schermo da personaggi fragili e impotenti verso la vita, ma forti e sicuri nella volontà di riuscire.
Elementi portanti e imprescindibili della storia sono il cibo e la musica. L'atto del mangiare, soprattutto in compagnia, è rappresentato da un lato come linguaggio sensuale, del corpo, fisico, quasi sessuale, dall'altro come momento di unione, calore e coesione familiare.
La musica costante e onnipresente per tutto il film ne sottolinea l'anima cosmopolita, e risulta  un perfetto mix di sonorità marocchine, tunisine, algerine, egiziane e libanesi che abbraccia le diverse identità nordafricane.
Celebre la sequenza del pre-finale della sensualissima danza del ventre di Hafsia Herzi, che ha stregato il pubblico maschile in laguna e che ha consacrato la giovane attrice nell'universo cinematografico collettivo come nuova scoperta del cinema francese. Attratta dalla recitazione fin da bambina, la Herzi racconta in un'intervista, di aver sempre cercato di partecipare a
qualsiasi genere di casting si svolgesse nella zona di Marsiglia, e di aver fatto la comparsa in altri film. Chiamata per un provino per Cous Cous, è andata non sapendo nemmeno se si trattasse di un film, di pubblicità o di televisione, e durante l'audizione confessa di aver inventato la sua passione per le danze orientali per far colpo sui selezionatori. In origine il suo ruolo era molto più piccolo e prevedeva soltanto due sequenze, ma il regista dopo averla conosciuta, ha riscritto il suo personaggio, dandogli molto più spazio e trasformandolo in quello di co-protagonista.
Per il film l'attrice ha preso lezioni di danza ed è dovuta ingrassare di circa dieci chili. La scena della danza del ventre è stata girata in cinque giorni, e nella sua versione originale dura quarantatre minuti, ridotti poi a dieci nella versione definitiva della pellicola.
Dato nei pronostici come sicuro vincitore del Leone d'Oro a Venezia, il film ha sì convinto i giurati che gli hanno conferito ben quattro premi, fra cui il Gran Premio della Giuria e il Premio Mastroianni a Hafsia Herzi come miglior scoperta, ma ha purtroppo perso il premio più ambito, andato al film cinese Lussuria.
                                                                                                                       V.M.


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