IRINA PALM

regia Sam Garbarski
con Marianne Faithfull, Miki Manojlovic, Kevin Bishop,
Siobhan Hewlett, Dorka Gryllus, Jenny Agutter
sceneggiatura Martin Herron
fotografia Christophe Beaucarne
montaggio Ludo Troch
scenografia Vèronique Sacrez costumi Anushia Nieradzik
musica Ghinzu
produzione Sèbastien Delloye, Diana Elbaum
distribuzione Teodora
durata 1h40m

G.B. 2007
 

La trama: Maggie, vedova sessantenne, ha urgente bisogno di denaro per una costosa cura che forse salverà la vita al nipotino malato. Mentre cammina disperata per le vie di Soho, vede un cartello sulla porta di un sexy club che dice "cercasi hostess". Sarà l'inizio di una doppia vita che porterà alla donna molti guai, ma non solo.


Il regista: Sam Garbarski, nasce in Germania nel 1948 e inizia come pubblicitario nel 1970.
I suoi spot lo rendono celebre e gli fanno vincere molti premi. Nel 1997 dirige un corto, La dinde, seguito da La vie, la mort & le foot  e da J'oyeux Noel, Ranchid, entrambi del 2000. Debutta nel lungometraggio nel 2004 con Le tango de Rashevski, che gli da notorietà internazionale. Irina Palm  è il suo secondo film.


Il film: A volte ci sono film che riescono a coniugare argomenti dolorosi o scabrosi, ad ogni modo difficili da mostrare al grande pubblico, ad una semplicità scenica e di rappresentazione tali da farli passare quasi inosservati, rendendoli puro mezzo narrativo, e spogliandoli di ogni connotazione negativa. Irina Palm, gustosa commedia dolce-amara presentata in concorso al 56° Festival di Berlino è uno di questi.
I temi trattati dal film come la malattia terminale, le restrizioni economiche e il businness del sesso a pagamento, sono del resto quanto di più deprimente e triste si possa attendere da un'esperienza cinematografica, ma in Irina Palm  questi aspetti "demonizzati" passano in secondo piano e diventano il mezzo per raccontare una storia commovente, divertente e umanamente ironica, proprio come la vita, che mette in pace con se stessi e fa sorridere.
Dietro l'acronimo di Irina Palm, al contrario dell'indubbio fascino legato all'etimologia nordeuropea del nome stesso, non c'è una prorompente dispensatrice di esotici piaceri carnali, bensì Maggie, una signora sessantenne, poco appariscente e dalla figura pesante, che incontrandola per la strada non evocherebbe certo desideri proibiti nei rappresentanti dell'altro sesso. Un tempo Maggie sarà anche stata bella, avrà anche avuto modo di sperimentare le sue doti fisiche, avrà anche potuto godere del piacere e del disincanto legati ad una fisicità giovane, ad una sessualità spensierata e disinvolta, ma il percorso della sua vita personale, la crescita, il lavoro, i dolori, le rinunce, l'hanno inevitabilmente portata ad una sorta di disincanto nei confronti della vita e dei dispiaceri ad essa legati, come succede del resto a chiunque, ed a spegnere quel luccichio dal suo sguardo, ora colmo soltanto di impassibile rassegnazione.
Ma a volte il caso, il destino, l'imprevedibilità del nostro cammino terreno ci porta a nuovi, inimmaginabili percorsi che, benché possano apparire foschi e dolorosi, ci offrono una nuova possibilità, di riscatto, di crescita o di riscoperta di noi stessi, creando i presupposti per una nuova, inattesa felicità. Questo è quello che succede a Maggie, e costituisce la forza narrativa del film, capace di una leggerezza e un disincanto tali da far dimenticare tutto il resto. Maggie troverà una nuova lei durante il suo difficile percorso, dopo aver affrontato la sfida del suo nuovo ruolo di donna, sconveniente per gli altri e forse anche per se stessa, inimmaginabile nell'esistenza di una tranquilla nonna di mezza età, ma che le offrirà nuove gioie e un nuovo impeto di vita, quando la vita stessa invece sembrava volgere al termine.
Il film anche se molto esplicito, non scade mai nella volgarità e non è mai fastidioso, ma riesce nel dosare con la giusta misura humor, leggerezza e disincanto, mai rifugiandosi nella retorica della lacrima facile, e trovando il suo punto di forza in un finale frizzante, inatteso, non convenzionale e privo di ogni schematizzazione di genere.
Un altro punto di forza di Irina Palm  sono i due attori protagonisti, Miki Manojlovic, l'attore di Kusturica, che dona la giusta dose di umanità ad un personaggio che rischiava di scivolare nello stereotipo del magnaccia sfruttatore, e un'immensa Marianne Faithfull, che dopo essere stata l'icona maledetta e trasgressiva della pop music anni sessanta e settanta inglese (ha collaborato con David Bowie, Nick Cave, Keith Richards, Tom Waits, Pink Floyd, Mick Jagger), ha trovato una rinascita come attrice cinematografica (Intimacy, Marie Antoinette). L'interpretazione della sua moderna, trasgressiva, indimenticabile Maggie, l'ha messa in lizza per il premio come miglior attrice al Festival di Berlino e le ha offerto una nomination agli European Film Awards.
                                                                                                                     
                                                                                                                      V.M.


versione per la stampa