MIO FRATELLO E' FIGLIO UNICO

regia Daniele Luchetti
con Elio Germano, Riccardo Scamarcio, Diane Fieri,
Angela Finocchiaro, Luca Zingaretti, Anna Bonaiuto
sceneggiatura Sandro Petraglia
fotografia Claudio Collepiccolo
montaggio Mirco Garrone
scenografia Francesco Frigeri costumi Maria Rita Barbera
musica Franco Piersanti
produzione Riccardo Tozzi, Giovanni Stabilini, Marco Chimenz
distribuzione Warner Bros.
durata 1h40m

Italia 2007
 

La trama: Nel basso Lazio dei Sessanta le vicende di due fratelli diversissimi l'uno dall'altro; Accio, fascista, estremista e combattivo, e Manrico, comunista, idealista e pacifico. Nel corso degli anni, sullo sfondo di un Italia politicamente sbandata, gli scontri fra i due saranno duri e numerosi, fino a quando si ritroveranno e capiranno finalmente la forza del loro legame.


Il regista: Daniele Luchetti nasce a Roma nel 1960 e alterna la sua carriera di regista a quella di sceneggiatore. Dopo studi di cinema inizia come aiuto regista di Nanni Moretti, per cui recita anche in Bianca ('84) e Aprile ('98). La sua prima regia è Juke box del 1983 seguito da Domani accadrà ('88), Il portaborse ('90), in cui Moretti gli rende il favore come attore, La settimana della sfinge ('90), Arriva la bufera ('93), La scuola ('95), I piccoli maestri ('98), Dillo con parole mie ('03).


Il film: E' soprattutto attraverso lo scontro fisico ma anche ideologico, che Mio fratello è figlio unico  racconta due fratelli agli antipodi, immersi in una famiglia che esprime la propria affettività solo con le botte, che vivono un periodo storico importante, caotico e infiammato, l'uno lasciandosi trascinare quasi dagli eventi, pur essendone parte viva, l'altro scontrandosi da vero ribelle, con tutto quanto possa manifestare oggetto di sfogo alla sua rabbia irrefrenabile e mai domata. Ambientato nella Latina della fine degli anni sessanta, il film ripercorre un periodo piuttosto preciso di storia italiana, dal sessantotto ai primi anni ottanta, e prende spunto dal romanzo semiautobiografico di Antonio Pennacchi, Il fasciocomunista, tralasciando però i riferimenti agli eventi realmente accaduti come Valle Giulia o gli scontri armati con la polizia, abbandonandosi piuttosto ad un racconto ideologico visto attraverso la descrizione dei personaggi, veri e quotidiani quasi vivessero ai nostri giorni, e della loro storia privata. Il sessantotto rimane sullo sfondo, viene mostrato in modo esplicito solo in un inquadratura alla tv, ed è raccontato in maniera molto artistica, affascinante e cinematografica, frutto di lunghe riflessioni da parte del regista e degli sceneggiatori, che dopo innumerevoli versioni, da cui a mano a mano sono spariti tutti i resoconti degli eventi politici reali, sono giunti allo script definitivo poi arrivato sullo schermo.
I due fratelli Accio e Manrico crescono in un ambiente in continuo fermento civile e politico e pur schierati su due fronti opposti, esprimono entrambi palesemente il loro bisogno di discussione, di spinta al cambiamento, di lotta alle ingiustizie. Ma mentre il primo crescendo, passa attraverso ideologie opposte, che non lo porteranno a nessuna soddisfazione o risarcimento morale, ma sicuramente riusciranno a formare la sua identità di individuo adulto e consapevole, l'altro rimarrà chiuso e schiacciato dall'idea astratta di un ideale, a cui si abbandona sicuramente con eccessiva leggerezza, lasciandosi trasportare dagli eventi, con romantica ma tragica inconsapevolezza. Per tutto il film i due fratelli sono in conflitto, si scontrano, si azzuffano, si "menano", fino all'incontro finale, all'abbraccio che nasce dalla consapevolezza, dalla maturità e dal rimpianto.
Nel ruolo dei due fratelli un sempre più bravo e maturo Elio Germano (N io e Napoleone), e Riccardo Scamarcio, la vera sorpresa del film, affiancati da eccellenti attori in ruoli di supporto come un'indimenticabile Angela Finocchiaro, Luca Zingaretti, Anna Bonaiuto e Massimo Popolizio, già con Germano e Scamarcio in Romanzo criminale.
Il film che focalizza soprattutto il punto di vista dei personaggi piuttosto che la ricostruzione d'epoca, è stato girato a Latina e in varie altre città d'Italia dall'urbanistica visibilmente fascista, in maniera molto libera, senza eccessive prove sul set, lasciando molto spazio all'improvvisazione degli attori e senza molte preparazioni tecniche.
Il titolo è un omaggio alla canzone omonima di Rino Gaetano del 1976.

                                                                                                                      V.M.


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