LA NOSTRA VITA

regia Daniele Luchetti
con Elio Germano, Raoul Bova, Isabella Ragonese,
Luca Zingaretti, Stefania Montorsi, Giorgio Colangeli

sceneggiatura Sandro Petraglia, Stefano Rulli, Daniele Luchetti
fotografia Claudio Collepiccolo
montaggio Mirco Garrone
scenografia Giancarlo Basili costumi Maria Rita Barbera
musica Franco Piersanti
produzione Cattleya
distribuzione 01 Distribuzione
durata 1h40m

Italia 2010                                                              
    
 

La trama: Periferia romana. Claudio ed Elena formano una giovane coppia felice, affiatata, con due bambini e in attesa del terzo. Una tragedia inattesa travolge la vita di Claudio che si getta a capofitto nel lavoro pensando solo al benessere materiale futuro dei suoi bambini. Inizia così un gioco pericoloso con le speculazioni edilizie affidandosi a persone che ne sanno molto più di lui, ma ben presto rimane travolto dalle sue stesse azioni illecite, ritrovandosi totalmente solo.


Il regista: Sceneggiatore e regista romano, Daniele Luchetti nasce nel 1960. Dopo studi in lettere, storia dell'arte e cinema, inizia come aiuto regista per Nanni Moretti, che lo fa anche recitare in molti dei suoi film. La sua prima regia è Juke box ('83), seguita da Domani accadrà ('88), Il portaborse ('90), dove dirige a sua volta Moretti, La settimana della sfinge ('90), Arriva la bufera ('93), La scuola ('95), I piccoli maestri ('98), Dillo con parole mie ('03), Mio fratello è figlio unico ('07), sempre con Germano.


Il film: Con il suo ultimo film il regista Daniele Luchetti si trasforma in una sorta di terzo fratello Dardenne "de noantri", realizzando una pellicola potente, lucida, moderna e profondamente  contemporanea che attraverso uno sguardo sociologico racconta la società italiana di oggi come forse non avveniva da molto tempo.
Il rimando al cinema impegnato di Rosi e di Petri degli anni settanta è immediato, ma la realtà raccontata in La nostra vita, è radicalmente diversa da quella descritta in quelle pellicole che tanto hanno rappresentato per il cinema italiano di quegli anni.
Film come La classe operaia va in Paradiso  o Cristo si è fermato a Eboli  raccontavano una classe sociale caratterizzata e definita, che si rispecchiava nella realtà italiana del periodo, la classe del proletariato, operaio o contadino che fosse, una classe sociale che oggi non esiste più, soppiantata da una sorta di borghesia allargata che oramai racchiude diverse categorie sociali, una volta distinte e lontane le une dalle altre.
Sensibile a questo aspetto della nostra attuale cinematografia, Daniele Luchetti ha voluto fare un film su quella che un tempo veniva chiamata la classe operaia e che oggi ha perso identità e non ha più nemmeno un nome, in un mondo dove parole come etica, senso civico e di appartenenza hanno perso totalmente il loro significato.
Lo spunto nasce dalla realizzazione di un documentario, poi nemmeno più montato, che il regista stava preparando sul mondo delle case popolari e sulla loro assegnazione. Durante il periodo delle riprese, Luchetti si è trovato a contatto con dinamiche e comportamenti che si è reso conto non erano mai stati pienamente rappresentati dal cinema italiano, dove da un lato il proletariato viene raccontato attraverso la macchietta della commedia, in cui viene spesso preso in giro e dipinto come buffo, grottesco, gretto o eccessivo, dall'altro viene descritto attraverso il pietismo del cosiddetto cinema sociale o politico, da cui emerge come la classe sociale "sfigata", tradita dalla società e dalla politica e che con condizioni sociali migliori avrebbe potuto essere un'altra cosa.
Nel suo film invece, Luchetti ha voluto mettersi alla pari con i personaggi e con la loro storia, cercandoli nella realtà e raccontandoli così come sono veramente, attraverso tutte le loro prospettive, anche quelle meno eticamente e moralmente tollerabili. Ed è questo suo punto di vista, che a volte può anche apparire scomodo, a formare il focus di un film vero, sincero, spontaneo, mai costruito e banale.
La realizzazione pratica di questo punto di vista, Luchetti la ottiene attraverso l'illustrazione di un protagonista che rappresenta veramente l'italiano di oggi. Un giovane uomo che sembra a volte legato a valori importanti come la famiglia, il bisogno di appartenenza ad una comunità, mentre a volte appare come un egoista, un moderno razzista che non si pone scrupoli, uno che pensa soltanto al proprio benessere personale. Un uomo che diventa il simbolo dell'italiano del nuovo millennio, un individuo senza più etica e morale, dalla vista appannata dal facile benessere, un illuso che pensa di poter risolvere i propri problemi con i soldi, con l'apparenza, con i bei vestiti, la bella forma fisica, attraverso lo status symbol di un benessere vacuo ed effimero, che trova appagamento soltanto nelle cose e nella frenesia dell'acquisto di beni inutili. Un uomo che è lo specchio di una società che non vede più differenze fra le classi sociali, appiattita e livellata sul piano della cultura, degli interessi, delle necessità, dove tutti vogliono e chiedono le stesse cose e aspirano agli stessi sogni fatui.
A dare vita a Claudio, questo personaggio stoltamente vitale per cui non si riesce a provare che compassione e pietà, un immenso Elio Germano che si conferma fra i migliori giovani attori del nostro cinema, premiato a Cannes come miglior interprete, riportando così il premio in Italia dopo ventitré anni dall'ultimo assegnato a Marcello Mastroianni per Oci Ciornie  nel 1987.
Da non dimenticare l'immagine forte della famiglia e della comunità che esce dal film, una famiglia costituita da legami solidi e che spesso si sostituisce alle mancanze della società. In questo l'insieme degli attori che appaiono nel film contribuisce a rafforzare quel senso di verità e spontaneità imprescindibile in pellicole come questa, e la scelta di attori di solito piuttosto glamour come Raoul Bova o Stefania Montorsi, qui ridimensionati in ruoli quotidiani, a tratti di straordinaria, umana goffaggine, non è altro che un altro pregio da attribuire al regista. Ricordiamo inoltre, oltre ad un insolito Luca Zingaretti ed a una sempre presente Isabella Ragonese malgrado la brevità del ruolo, tutti gli attori che hanno interpretato gli extra-comunitari come una luminosa Alina Berzunteanu nel ruolo radioso di Gabriela, o Awa Li in quello materno di Celeste, o ancora l'appena ventenne Marius Ignat nel ruolo del giovane ma sorprendentemente maturo Andrei.
                                                                                                                       V.M.


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