TUTTA LA VITA DAVANTI

regia Paolo Virzì
con Isabella Ragonese, Micaela Ramazzotti, Massimo Ghini,
Valerio Mastandrea, Sabrina Ferilli, Elio Germano

sceneggiatura Francesco Bruni
fotografia Nicola Pecorini
montaggio Esmeralda Calabria
scenografia Davide Bassan costumi Francesca Livia Sartori
musica Franco Piersanti
produzione Medusa, Motorino Amaranto
distribuzione Medusa
durata 1h57m

Italia 2007
 

La trama: Marta ha venticinque anni, si è appena laureata con lode in filosofia, ma non riesce a trovare un lavoro. Finisce come televenditrice in un call-center dove tutto sembra essere perfetto, mentre dietro l'apparente sana filosofia dell'azienda che premia i più bravi e incita alle vendite con mattutine danze propiziatrici, si nascondono ricatti, meschinità e cinismo. Con l'aiuto di un sindacalista Marta cercherà di portare allo scoperto le magagne della società.


Il regista: Paolo Virzì nasce a Livorno nel 1964 e studia sceneggiatura presso il Centro Sperimentale. Esordisce alla regia nel 1994 con La bella vita  che lo mette subito in risalto come uno dei nuovi registi italiani più interessanti, e che lancia la stella di Sabrina Ferilli. Seguono Ferie d'agosto ('95), Ovosodo ('97), Premio Speciale della Giuria a Venezia, Baci e abbracci ('99), My name is Tanino ('02), Caterina va in città ('03), N - Io e Napoleone ('06).


Il film: Nel suo forse più bel film ad oggi, Paolo Virzì continua a raccontare con la solita disillusa ironia l'Italia e la sua gente, con lo sguardo di sempre un po' sornione e imbambolato, ma sempre attento e analitico, costruendo l'ennesimo capitolo di una sua immaginaria enciclopedia filmica del Bel Paese.
Tutta la vita davanti  racconta il precariato e il mondo del lavoro di oggi, attraverso le vicende tragicomiche di Marta, una giovane laureata che non riuscendo a trovare di meglio, finisce a lavorare nel call-center di una ditta non molto onesta. Il film, ambientato in una estate romana che ci mostra una città lontana da quella che siamo abituati a vedere al cinema, e che preferisce la Roma di plastica e vetroresina dei centri commerciali ai tradizionali scorci del centro, esaltando l'asfittica sterilità delle nuove periferie, si può definire una favola surreale, a tratti comica, a tratti inverosimile e grottesca, che diverte e fa sorridere, rimanendo al tempo stesso agghiacciante e disumana, con picchi che sfociano nell'horror.
A parte quello della protagonista, piuttosto indifferente e scettico, più incuriosito che oppresso dalla realtà che lo circonda, tutti i personaggi del film sono vittime di una cultura del profitto, schiacciati inconsapevolmente della legge del commercio il cui unico scopo finale è quello di produrre guadagno per la società, incurante della vita delle persone. E così anche i personaggi apparentemente più forti, i padroni che hanno il potere dalla loro parte, sono delle vittime inconsapevoli dello standard produttivo, il cui equilibrio traballa non appena la consapevolezza della propria condizione di subordinati si fa palese. Come Daniela, la team manager spietata con le ragazze, di una bellezza ritoccata e artificiale, e dall'abbigliamento griffato ma dal gusto nazionalpopolare, che si rivelerà sola, senza amici che festeggino con lei la nuova enorme casa arredata in maniera eccentrica e pacchiana. O Claudio, il solare e sempre abbronzato direttore commerciale che ha creato tutto, ma che mentre sente gli anni giovanili svanire a poco a poco, non riesce nemmeno più ad incontrare i propri figli, tenuti lontano da una ex-moglie cerbero e sanguisuga. Tra le fila dei subordinati le cose non vanno certo meglio, e il promettente giovane ed esaltato venditore Lucio, non riesce più a reggere la pressione e gli imbarazzanti episodi denigratori pubblici, mentre alla giovane ragazza madre Sonia, sicuramente il personaggio più perdente e disperato, figlia diretta di una sottocultura popolare televisiva, perso il lavoro non resta altro che vendersi per sopravvivere.
Tutti sono vittime, tutti sono sottomessi, tutti hanno un capo, un padrone che li opprime e li comanda, a loro insaputa.
Tutta la vita davanti  è un ritratto amaro del nostro presente, figlio di una nuova cultura alienata e distaccata dalla realtà, di nuove generazioni cresciute davanti alla tv, che passano il loro tempo libero da un centro commerciale all'altro, che vivono di tatuaggi tribali e di piercing, che hanno come idoli personaggi televisivi insulsi, che seguono mode improponibili e riempiono le loro vite di effimero.
Il film è ispirato al romanzo Il mondo deve sapere, scritto da Michela Murgia, che appena laureata ha voluto vivere volontariamente un'esperienza lavorativa in un call-center. Dalle confidenze raccontate ad una amica è nata l'esigenza di rendere pubblica la realtà di luoghi come questi, e così ha aperto un blog su cui postava novità sul call-center cinque volte al giorno, che è stato visitato da milioni di persone. Tutto quello che si vede nel film è vero, anche le situazioni più grottesche e inverosimili, come le danze e canti propiziatori che aprono tutte le giornate lavorative, o i premi ufficiali offerti ai venditori più proficui, fino alle umiliazioni pubbliche verso quelli che hanno venduto di meno.
Nel cast volti celebri come quello di Sabrina Ferilli e Massimo Ghini, che ritrovano il loro regista de La bella vita, fino a quelli dei sempre notevoli Valerio Mastandrea e Elio Germano. Debutta invece nel ruolo della protagonista la giovane Isabella Ragonese, mentre Raffaella Ramazzotti ci regala il personaggio più vero e triste della storia.
                                                                                                                       V.M.


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