IL MATRIMONIO DI LORNA
regia Luc e
Jean-Pierre Dardenne
con Arta
Dobroshi, Jérémie Renier, Fabrizio Rongione,
Olivier Gourmet, Morgan Marinne, Alban Ukaj
sceneggiatura Luc
e Jean-Pierre Dardenne
fotografia Alain
Marcoen
montaggio
Marie-Hélène Dozo
scenografia Igor
Gabriel
costumi Monic Parelle
produzione Les
Films du Fleuvre, Archipel 35
distribuzione
Bim
durata 1h45m
Belgio 2007
La trama:
Lorna è una bella ragazza albanese che accetta un matrimonio di convenienza per
diventare cittadina europea. Affidandosi al malavitoso Fabio, sposa il
tossicodipendente Claudy, e una volta ottenuta la cittadinanza, sogna di aprire
un bar con il vero fidanzato Sokol. Ma ha bisogno di soldi e quindi accetta la
proposta di Fabio di sposare un boss della mafia russa, che ha a sua volta
bisogno della cittadinanza. Ma per arrivare a questo, Claudy deve sparire.
I registi: Nati
rispettivamente nel 1951 e nel 1954, i fratelli Jean-Pierre e Luc Dardenne sono
considerati ormai da tempo maestri del cinema belga d'autore. Iniziano come documentaristi
e nel 1975
fondano la casa di produzione Derives con cui realizzano una sessantina di
documentari. Passano al cinema nel 1987 con Falsch, seguito da Je
pense a vous ('92), La promesse ('96),
Rosetta ('99) Palma
d'Oro a Cannes, Il figlio ('02) e
L'enfant
('05), altra Palma d'Oro. Sono fondatori dal 1994 della casa di
produzione cinematografica Les films du fleuvre.
Il film:
Stesse ambientazioni realiste e proletarie per il settimo film dei Dardenne, che
questa volta scelgono i quartieri periferici di Liegi per mettere in scena la
storia di Lorna e del suo voler diventare a tutti i costi una cittadina
dell'Europa di serie A.
La storia è quella di una fuga dalla povertà dell'Est, e della speranza di una
vita migliore nell'opulenza (ormai incrinata) dell'Europa più occidentale, vista
attraverso lo sguardo attento e vigile di una giovane albanese. Ma non è solo
questo.
Al tema attualissimo dell'immigrazione clandestina verso cui i due cineasti
belgi si sono da sempre dimostrati molto sensibili, viene affiancato quello dei
matrimoni bianchi o d'interesse, attraverso cui si trasforma l'illegalità dello
stato sociale di un individuo in qualcosa di perfettamente legale. Il film è
anche, come molti dei film dei Dardenne, la messa in scena di una delicata,
candida storia d'amore che nasce spontanea, sorprendente e non ricercata dalla
protagonista, che resta incredula, sbalordita e sconcertata di fronte ad un
sentimento così forte ed improvviso. La Lorna che vediamo all'inizio infatti, è
una donna dura ed
inflessibile di fronte alle continue richieste d'aiuto di Claudy, che la implora
seppur consapevole del patto del tutto disinteressato che esiste fra loro, di
aiutarlo ad uscire dal tunnel della tossicodipendenza in cui è precipitato.
Ma lei non cede, lo scaccia, lo allontana, lo rimette al proprio posto
ricordandogli con cinismo e spietatezza che non è sua moglie e che fra loro
esiste soltanto un semplice contratto, per cui fra l'altro lui è stato ben
pagato.
Allo spettatore non sfugge però la vera natura della donna, che pur volendo
apparire distaccata e risoluta non riesce a nascondere una bontà d'animo e una
sensibilità molto forti. La dolcezza e il candore del viso di Lorna, cozzano contro
il cinismo e la spietatezza delle persone a cui la giovane si è affidata per
portare a termine il piano del finto matrimonio, e il disagio e la scomodità
della sua posizione di complice, piano a piano si fanno sempre più evidenti,
fino a portarla verso il sorprendente, sospeso e dilatato finale. Il peso del
suo silenzio (lo stesso del bellissimo titolo originale), si fa sempre più
incombente fino a squarciare il velo della sua coscienza, spingendola verso una
consapevolezza di sé e delle sue azioni che la cambieranno profondamente.
Il film si dipana come un thriller, a tratti nascondendo ed omettendo
particolari importanti e lasciando buchi nel racconto, verso il cui riempimento
è chiamata l'attenzione dello spettatore. Abbandonato il formato 16mm di tutti i
loro precedenti film, con il 35mm i Dardenne donano all'immagine maggior
nitidezza e messa fuoco, regalando alle inquadrature un po' più di ampiezza e di
respiro, ma non rinunciano alla camera a spalla fissa sui personaggi, che è
diventata il marchio di fabbrica del loro cinema. Sempre di enorme valore e
precisione la sceneggiatura (premiata a Cannes), che disegna personaggi forti e
ben delineati, sostenuti da dialoghi veri e mai banali.
Di forte presenza scenica la protagonista Arta
Dobroshi, giovane attrice macedone al suo primo ruolo importante, e
che non conosceva il francese. I Dardenne hanno volutamente scelto di
scritturare un'attrice non francofona e che non parlasse la lingua proprio per
mantenere fedeltà e realismo alla storia, per cui la giovane Dobroshi ha dovuto
imparare la lingua in poco più di un mese. Nel ruolo di Claudy ritroviamo l'attore
ormai feticcio dei fratelli belgi, Jérémie Renier, già apparso nei loro
precedenti La promesse e
L'enfant,
smunto e molto dimagrito per il ruolo, bravissimo nel disegnare la disperazione
ed il bisogno d'aiuto del suo personaggio. Ricordiamo anche un altro attore amato
dai Dardenne, l'italiano Fabrizio Rongione, (Rosetta),
qui in un inedito ruolo di cattivo, di inquietante realismo.
V.M.
versione per la stampa