L'ENFANT

regia Jean-Pierre e Luc Dardenne
con Jérémie Renier, Déborah Francois, Jérémie Ségard,
Fabrizio Rongione, Olivier Gourmet
sceneggiatura Jean-Pierre e Luc Dardenne
fotografia Alain Marcoen
montaggio Marie-Hélène Dozo
scenografia Igor Gabriel costumi Monic Parelle
sonoro Jean-Pierre Duret
produzione Jean-Pierre e Luc Dardenne, Denis Freyd
distribuzione BIM
durata 1h36m

Belgio 2005
 

La trama: Bruno e Sonia sono due giovani ventenni nella provincia belga di oggi. Si amano e tirano avanti di espedienti, con affari non sempre puliti, con spregiudicatezza e senza troppi problemi. Quando nasce loro un bambino, Bruno che non sa riconoscersi nel suo nuovo ruolo di padre, decide di venderlo all'insaputa di Sonia. Sarà l'inizio di un percorso doloroso che lo porterà ad una nuova e più adulta conoscenza di sé.


I registi: Nati rispettivamente nel 1951 e nel 1954, Jean-Pierre e Luc Dardenne rappresentano internazionalmente l'attuale cinema belga d'autore. Documentaristi, nel 1975 fondano la casa di produzione Derives con cui realizzano una sessantina di documentari. Passano al cinema nel 1987 con Falsch, seguito da Je pense a vous ('92), La promessa ('96), Rosetta ('99) Palma d'Oro a Cannes e Il figlio ('02). Sono fondatori dal 1994 della casa di produzione cinematografica Les films du fleuvre.


Il film: Dopo sei anni dalla Palma d'Oro conquistata con il sorprendente Rosetta, i fratelli Dardenne bissano il merito più alto sulla Croisette con L'enfant, non abbandonando tematiche come emarginazione, povertà e degrado sociale, che hanno dato al loro cinema un'impronta unica e personalissima, un marchio di fabbrica che garantisce qualità e altissimo livello di arte cinematografica. Quando nel 1999 Rosetta  sbarcò sulle coste di Cannes, molti rimasero colpiti dal realismo, dall'immediatezza e dal rigore, seppur libero, di un nuovo modo di fare cinema, brusco, ruvido, diretto, mai consolatorio nella semplicità di una messa in scena spesso spogliata di ogni velleità cinematografica, senza musica, con al centro soltanto la verità drammatica dei personaggi, da cui la macchina da presa non si stacca mai, seguendoli, spasmodica e curiosa anche nei momenti più estremi e privati. Quel modo di fare cinema, che rese due sconosciuti fratelli belgi di mezza età famosi in tutto il mondo, catapultandoli sotto i riflettori del festival del cinema più prestigioso con il mano il trofeo supremo, la Palma d'Oro, aprì una nuova scuola di cinema della verità, che dava voce ai derelitti delle nostre società moderne, ai senza lavoro, ai senza più diritti, agli invisibili e ai diseredati del benessere, e trasformando il cinema dei Dardenne in un punto di riferimento saldo, da alcuni definito come il nuovo Neorealismo europeo, fonte di ispirazione e studio per molti giovani cineasti a venire.
Si rimane inermi e senza parole davanti ad un film dei Dardenne, senza forza e squassati da una realtà così forte e viva che quasi toglie il respiro, che ci distrugge interiormente per l'energia sprigionata da immagini immediate e dirette, che pur nel loro estremo minimalismo, nella loro essenzialità, riescono a farci sentire tutta la verità della loro rappresentazione.
L'enfant  è nato da un'immagine che colpì i fratelli registi durante la lavorazione del loro film precedente, Il figlio; sul set del film, ogni mattina incontravano una ragazzina di circa sedici anni che spingeva con violenza una carrozzina, sempre sola e apparentemente senza una meta. La foga con cui la ragazza spingeva il bambino, la mancanza di una destinazione precisa e lo smarrimento della giovane, apparentemente senza un compagno, diventarono un ricordo preciso nella mente dei registi che decisero di scrivere una storia basandosi su quell'idea. Inizialmente avrebbero voluto raccontare di una giovane madre che cercava un padre per suo figlio, a tutti i costi, quasi la storia di un'esasperazione, che poi si è trasformata nella storia di Sonia ma soprattutto di Bruno, trasformando il suo personaggio nel protagonista principale.
Il film, come altri dei Dardenne, è ambientato nella cittadina belga di Seraing, un tempo il più grande centro siderurgico del Belgio, ricordata come "la città che renderà fiero il Belgio", ma che è stata vittima della crisi dell'industria siderurgica iniziata negli anni settanta, e che oggi conta il più alto tasso di disoccupazione giovanile della nazione. Bruno è figlio di questa città e di questa situazione sociale; ha vent'anni, non ha lavoro, vive ai margini, la vita non gli lascia il tempo per riflettere, sopravvive come può, solo i soldi hanno un significato per lui, e tutto ha un prezzo, anche suo figlio. E' un immaturo, un bambino cresciuto a capo di una banda di ladri bambini, che ha scelto il furto come mezzo di sopravvivenza, come modo per reagire alla società in cui vive che lo ha messo ai margini, che non gli ha dato un lavoro. Inconsapevole del suo atto mostruoso, leggero, irresponsabile e immorale, Bruno però è vivo, è vitale, non si piange addosso né si commisera, è un ribelle e questa sua rabbia interiore, questa sua indomabilità nei confronti della società lo rende attraente agli occhi del pubblico. La voglia di vivere, la forza e la consapevolezza di essere libero gli daranno la possibilità del riscatto, trasformandolo da un condannato senza futuro, in un uomo consapevole dei propri errori pronto a ricominciare.
Nel ruolo di Bruno un eccezionale Jérémie Renier, che torna a lavorare con i Dardenne dopo La promessa, mentre l'intensa Déborah Francois interpreta quello di Sonia, regalandoci momenti di estrema spontaneità. Nel film compaiono anche Olivier Gourmet, attore feticcio dei fratelli belgi, e Fabrizio Rongione (Rosetta), attore di origini italiane, anch'esso fedele dei Dardenne.
Durante le riprese del film sono stati "ingaggiati" quaranta neonati di tre settimane, scelta obbligata dovuta in parte al fatto che i bambini a questa età crescono molto velocemente ed in parte a questioni di carattere legale riguardo l'uso di bambini nel cinema. Mentre per le sequenze più pericolose è stato usato un piccolo manichino in lattice.
                                                                                                                      V.M.


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