AI CONFINI DEL
PARADISO
regia
Fatih Akin
con Nurgul
Yesilcay, Baki Davrak, Tuncel Kurtiz,
Hanna Schygulla, Patrycia Ziolkowska, Nursel Kose
sceneggiatura
Fatih Akin
fotografia
Rainer Klausmann
montaggio Andrew
Bird
scenografia Tamo
Kunz, Sirma Bradley
musica Shantel
costumi Katrin
Aschendorf
produzione Fatih
Akin, Klaus Maeck, Andreas Thiel
distribuzione
Bim
durata 2h00m
Germania/Turchia 2007
La trama:
In una Europa sempre più multirazziale, le storie intrecciate fra Germania e
Turchia di diversi personaggi in viaggio fra i due paesi alla ricerca delle
proprie radici. Nejat, un professore universitario e il suo anziano genitore Alì,
Ayten, una giovane attivista politica, Yater, una disillusa prostituta turca, la
dolce e indifesa Lotte e sua madre Susanne. Tutti impegnati in un coraggioso,
difficile pellegrinaggio sulla strada delle proprie origini.
Il regista: Giovane
regista tedesco, Fatih Akin nasce da una famiglia di origini turche ad Amburgo
nel 1973. Dopo aver studiato arte e comunicazione visiva vince vari premi
internazionali con i suoi primi corti. Il suo primo film è Short sharp shock
('98) che vince il Pardo di bronzo a Locarno. Seguono In July ('00) e
Solino ('02) film su una famiglia di immigrati italiani. Dopo
La sposa
turca, Orso d'Oro a Berlino 2004, che gli dà fama internazionale, presenta a Cannes 2005 Crossing
the bridge, interessante documentario sulla realizzazione della colonna sonora del
film precedente.
Il film:
A tre anni dal lancinante
La sposa turca,
e dopo l'escursione nel documentario con Crossing the bridge, Fatih Akin torna al cinema con un altro grande film sul disadattamento
culturale, sulla ricerca delle proprie origini e sull'analisi del vero
significato da dare alla propria vita divisa in due, collegando temi intimi e
inerenti un malessere generazionale ad una commovente e più universale riflessione sul legame fra genitori e figli.
Molte le similitudini con
La sposa turca
ma molte anche le divergenze. Come nel film precedente anche Ai confini del
Paradiso racconta di personaggi a metà, divisi fra due culture diverse
e lontane, che pur essendo a tutti gli effetti cittadini tedeschi, sentono
ancora forte a distanza di una generazione il richiamo della cultura turca
d'origine.
Il racconto prende vita da due viaggi opposti e speculari fra Occidente e Oriente;
da un lato quello di Nejat, giovane professore tedesco, ma di genitori turchi,
che parte alla volta di Istanbul per inontrare il padre Alì, dall'altro quello
opposto di Ayten, giovane attivista politica turca, che si mette sulle tracce
della madre Yater, da anni trasferitasi in Germania e di cui non ha più notizie.
Da qui l'inizio di una storia corale e intricata, nella quale appariranno altri
personaggi e ci saranno altri viaggi che la casualità delle cose penserà a
dominare.
Come Siebel e Cahit, i due tragici sposi del
film Orso d'Oro del regista, anche
i vari personaggi di questa nuova pellicola, Alì, Nejat, Yater, Aylen, vivono
drammaticamente una mancanza nella loro vita, che sia il sogno di una madre mai
conosciuta, o il bisogno di un amore fisico, o la necessità di lottare per i
diritti civili della propria gente; ma qualsiasi sia il loro disagio, tutto è
riconducibile alla loro natura di individui in sospeso fra due culture.
Nel film gli eventi accadono all'improvviso, spesso per caso, e investono
spettatori e personaggi con la stessa imprevedibilità, scuotendoli e
mesmerizzandoli allo stesso tempo in una
continua, spasmodica transumanza fra Germania e Turchia, viaggio che tutti i
personaggi del film faranno o hanno già fatto almeno una volta,
lasciando da una parte e dall'altra pezzi della propria esistenza e dei propri
affetti. I ruoli che ricoprono nel film sono mutevoli e in perenne
trasformazione, i padri diventano figli e viceversa, in una ricerca continua e
incessante che sembra non portare a niente. Nejat ad esempio, uno dei personaggi
cardine del film, che non ha mai conosciuto sua madre, troverà forse questo
affetto in Yater, diventando a sua
volta un punto di riferimento importante per la donna, vittima anch'essa di una
lontananza forzata da sua figlia, o quello di Susanne,
simbolo di pacificazione che, scossa dal dolore più grande per una donna,
offrirà il suo amore ad Ayten che non riesce a ritrovare sua madre.
La casualità
gioca un ruolo pesante e beffardo nelle vite di tutti i protagonisti, che
sembrano rassegnati e quasi indifferenti alle loro vicende. Come già ne
La sposa turca,
per qualcuno di loro la ribellione a questa ineluttabilità del caso sfocia all'improvviso in
scatti di convulsa violenza e di incontenibile rabbia che portano a morti, dolore e conseguenze irreparabili.
Ai confini del Paradiso conferma lo stile asciutto e rigoroso del
regista che non si abbandona a facili pietismi rifuggendo da un certo cinema del
dolore esasperatamente mostrato, ma si destreggia in una trattenuta e compita
direzione d'attori, tutti fantastici, fra cui ricordiamo una indimenticabile
Hanna Schygulla.
Riconosciuto e apprezzato in numerosi festival internazionali, il film ha vinto il premio per la miglior Sceneggiatura a Cannes 2007 e agli European Film Awards.
V.M.
versione per la stampa