I FIGLI DEGLI UOMINI

regia Alfonso Cuaron
con Clive Owen, Julianne Moore, Michael Caine,
Chiwetel Ejiofor, Charlie Hunnam, Claire-Hope Ashitey
sceneggiatura Alfonso Cuaron, David Arata, Timothy J. Sexton
fotografia Emmanuel Lubezki
montaggio Alex Rodriguez
scenografia Jim Clay costumi Jany Tenime
musica John Tavener
produzione Strike Entertainment, Hit & Run Productions
distribuzione Uip
durata 1h49m

Usa/G.B. 2006
 

La trama: Londra, 2027. Da diciotto anni nel mondo non nasce più un bambino. Il ragazzo più giovane della terra vive come una rock star osannato dalla folla e ricercato dai media di tutto il globo. Quando viene assassinato da un fanatico, è il caos totale e saltano anche gli ultimi barlumi di civiltà. Theo, disilluso e senza più voglia di vivere, viene contattato dalla sua ex compagna Julian, che sta cercando di proteggere una giovane inspiegabilmente incinta, l'ultima speranza per la sopravvivenza dell'umanità.


Il regista: Alfonso Cuaron è nato a Città del Messico nel 1960 ed ha studiato cinema all'UNAM, l'università nazionale autonoma del Messico. Inizia come aiuto regista e dirige poi lavori per la televisione. Il suo primo film è Solo con tu pareja ('92), ma è conosciuto al grande pubblico soprattutto per due film americani, A little princess ('95) e Paradiso perduto ('98). Oltre a dirigerlo, ha scritto la sceneggiatura de Y tu mama tambien  ('01) assieme al fratello Carlos, ispirandosi ad avvenimenti della loro adolescenza. Il film, presentato a Venezia 2001, vince il premio per la miglior sceneggiatura e lancia la stella di Gael Garcìa Bernal. Seguono Harry Potter e il prigioniero di Azkaban ('04) e Parc Monceau, episodio del film Paris, je t'aime ('06).


Il film: Immaginare lo scenario di un mondo ormai alla fine, senza più bambini, di un'umanità al tramonto, votata all'estinzione entro pochi decenni non è semplice, ma è riuscito in maniera visivamente ineccepibile al regista messicano Alfonso Cuaron, che con questo suo ultimo film ci regala un ritratto gelido e disumano di un nostro possibile, plausibile futuro prossimo.
L'idea geniale alla base della creazione di questo mondo futuribile, è stata quella di non cercare di inventare un nuovo mondo, ma di vedere quello che è la nostra realtà oggi e spostarla in avanti di qualche decennio, peggiorandone alcuni aspetti, immaginandone la plausibile evoluzione negativa. Incubi presenti oggi si trasformano nel film in ineluttabili realtà: l'invecchiamento della popolazione si trasforma in dramma nel momento in cui l'umanità diventa sterile, l'immigrazione sempre più massiccia raggiunge numeri incontrollabili, il terrorismo acquisisce connotati di normale quotidianità, l'umanità intera perde gli ultimi barlumi di umana pietà e tolleranza.
Nel film l'aspetto visivo, unico e singolare, ricopre un'importanza fondamentale, e attraverso la fotografia plumbea, tetra, ma soprattutto attraverso il lavoro scenografico, massiccio, meticoloso e imponente che acquisisce quasi la fisionomia di un personaggio a sé, arriva allo spettatore con un impatto e una forza immaginifica sorprendenti.
Nelle parole del regista il film doveva essere un anti-blade-runner, nel senso che i suoi luoghi dovevano essere riconoscibili e familiari allo spettatore, con riferimenti alla realtà contemporanea. Gli ambienti sia esterni che interni, dovevano rappresentare quello che sarebbe stato il nostro mondo fra qualche anno, fatiscenti, in stato di abbandono, dai toni polverosi e umidi, scuri, tanto da sembrare quasi maleodoranti. Si sono scelte allo scopo molte location brutte, desolate e degradate, che esaltassero questa loro bruttezza sulla pellicola.
Si è pensato a cosa fosse successo al mondo una ventina di anni prima degli eventi raccontati nel film, e cioè intorno al 2010, quando inizia improvvisamente l'infertilità della popolazione mondiale. Non c'è più speranza, non c'è più futuro, il mondo diventa povero, non ci sono più soldi per le infrastrutture che vengono abbandonate al loro invecchiamento fisico, all'usura del tempo. Diciassette anni più tardi, appunto nel 2027, quando la storia del film ha inizio, vediamo cumuli di spazzatura lungo le strade perchè nessuno più si preoccupa di portarla via, danni alle strutture in muratura provocati dall'umidità e da perdite d'acqua, qualsiasi cosa vediamo nel film è in stato di abbandono perchè non c'è più futuro, perchè tutto è ormai inutile. Le scuole sono abbandonate da tempo perchè non ci sono più bambini, e sono ridotte a ruderi di cui la natura si sta reimpossessando.
Per sottolineare l'elemento realistico del film, il regista ha voluto che le sequenze fossero il più lungo possibile, con tagli di montaggio ridotti al minimo, aumentando così notevolmente la difficoltà nelle riprese, che in alcuni casi coinvolgevano decine di comparse, e costringendo troupe e attori a prove meticolose e lunghissime preparazioni tecniche.
Da ricordare al proposito, i sei minuti della ormai celebre lunga corsa del pre-finale, la cui sequenza inizia in un vicolo, prosegue per una strada più grande, continua su per le scale di un palazzo semidistrutto, per terminare poi di nuovo in strada, tutto fra esplosioni e sparatorie, con un centinaio di comparse coinvolte, girati senza stacchi di montaggio.
Un'altra sequenza tecnicamente ardua e molto ammirata, unica nel suo genere, è stata quella della fuga in auto, girata tutta dall'interno dell'abitacolo, anch'essa senza stacchi; per la realizzazione è stata costruita un'auto apposita che potesse ospitare i cinque attori sui sedili, i quattro tecnici fra cui il regista in uno spazio apposito sul tetto, munita di un particolare braccio meccanico su cui era montata la cinepresa, che ne permetteva movimenti fluidi e continui in qualsiasi posizione sia all'interno che all'esterno dell'abitacolo. L'effetto visivo è straordinario e veramente unico, assolutamente non di facile realizzazione, se si pensa inoltre che l'auto va per gran parte in retromarcia, a velocità sostenuta su una strada non asfaltata, viene investita da una moto in corsa ed è circondata da decine di comparse che la colpiscono con pietre e spranghe.
Per realizzare invece la scena dell'esplosione nel bar in pieno centro di Londra, anche questa girata senza montaggio, è stata chiusa un'intera strada al traffico ed è stato fatto un lungo e difficile lavoro di coordinazione per ottimizzare i tempi di movimento di decine di auto e di passanti, in modo tale da farli trovare tutti nel posto voluto al momento della deflagrazione, senza pericoli per le persone.
Al centro di questo universo alienato e disumanizzato, troviamo un personaggio che è lontanissimo dall'idea dell'eroe cinematografico classico, Theo, interpretato da un intenso Clive Owen, un uomo normale in una situazione più grande di lui, chiamato a portare a termine un compito arduo e lontano dal suo mondo di alienazione e solitudine. Theo è un perdente, un uomo che ha sofferto molto in passato, che vive quotidianamente il suo rimorso, un uomo che ha ceduto, ormai alcolista, che non ha più fede in niente, passivo, indifferente, un uomo che si è arreso e a cui non importa più di nulla. L'incontro con la ex compagna Julian, con cui si è amato un tempo, che ha ancora vivo in sé il fervore dell'attivismo politico giovanile, condiviso con il marito anni prima, e gli eventi drammatici in cui lei lo coinvolge e che travolgono la sua miserrima esistenza, faranno rinascere in lui la speranza e lo spingeranno a credere nuovamente nella vita, nel futuro e negli altri.
Girato interamente a Londra e negli studi di Pinewood, I figli degli uomini  è stato presentato in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia ed ha ricevuto diverse nomination agli Oscar, confermando la sempre maggior internazionalità del cinema messicano, insieme a film come Babel  (Alejandro Gonzales Inarritu) e Il labirinto del Fauno (Guillermo Del Toro).
                                                                                                                     V.M.


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