SWEET SIXTEEN

regia Ken Loach
con Martin Compston, William Ruane,
Annamarie Fulton, Michelle Abercromby
sceneggiatura Paul Laverty
fotografia Barry Ackroyd
montaggio Jonathan Morris scenografia Martin Johnson
costumi Carole K. Millar
musica George Fenton
produzione Rebecca O'Brien
distribuzione Bim
durata 1h46m

G.B. 2002


La trama: Liam è alla vigilia del suo sedicesimo compleanno, ed è fermamente deciso a farsi il migliore dei regali di compleanno: sua madre Jean sta per uscire dal carcere e lui vuole regalarle una nuova vita, lontano dal patrigno violento e dal nonno, entrambi spacciatori. Liam vuole creare quella famiglia che non ha mai avuto, di cui solo lui e sua madre saranno i componenti, ma per realizzare il suo sogno, ha bisogno di soldi.


Il regista: la voce cinematografica della classe operaia inglese, nasce a Nuneaton, Inghilterra, nel 1936 e in quarant'anni circa di attività ci ha regalato una ventina di film, molti memorabili. Il suo esordio è nel 1967 con Pour Cow, seguono Family Life ('71), Fatherlands ('85), L'agenda nascosta ('90), Riff-Raff ('91), Piovono pietre ('93), Ladybird, Ladybird ('94), Terra e Libertà ('95), La canzone di Carla ('96), My name is Joe ('98), Bread and Roses ('00), Paul, Mick e gli altri ('01). Ha firmato uno degli undici capitoli del film collettivo 11 settembre 2001 ('02).


Il film: un altro grande, travolgente film sulla fanciullezza rubata dopo Kes ('69), dal celebre regista inglese come sempre sensibile ai rapporti fra l'ambiente sociale e i suoi risvolti sugli individui che lo abitano.
Loach, come nel suo film precedente Paul, Mick e gli altri, torna a tematiche sociali che coinvolgono in primo piano il proprio Paese, l'Inghilterra, e lo fa senza false speranze, negando ai suoi personaggi alcun barlume di salvezza. L'ingenuo desiderio di Liam di cambiare la propria vita e quella della madre e di crearsi quella famiglia che non ha mai avuto, cozza inesorabilmente contro una società adulta spietata, con regole che non lasciano spazio ai sogni e il cui conto sarà presentato proprio dalla persona che per lui conta di più al mondo.
Nel ruolo del giovane Liam troviamo un attore non professionista, Martin Compston, di una bravura e presenza scenica rare sul grande schermo, scovato da Loach per le strade di Glasgow mentre giocava una partita a calcio (è in effetti una giovane promessa del calcio scozzese).
Il film, profondo e sentito, secondo capitolo di una ideale trilogia su Glasgow, ci regala pagine di cinema memorabili, collocandosi come uno dei migliori nella cinematografia del regista; nasce dalla quarta collaborazione con lo sceneggiatore Paul Laverty, ex-avvocato impegnato in un'organizzazione a sostegno per i diritti umani in Sudamerica.
Laverty ha vinto per il film il premio per la miglior sceneggiatura al Festival di Cannes 2002.