IO SONO L'AMORE

regia Luca Guadagnino
con Tilda Swinton, Edoardo Gabbriellini, Flavio Parenti,
Marisa Berenson, Alba Rochrwacher, Pippo Delbono

sceneggiatura Luca Guadagnino, Ivan Cotroneo,
Barbara Alberti, Walter Fasano

fotografia Yorik Le Saux musica John Adams
montaggio Walter Fasano costumi Antonella Cannarozzi
scenografia Francesca Balestra di Mottola
produzione First Sun, Mikado Film, Pixeldna
distribuzione Mikado
durata 2h00m

Italia 2009                                                              
    
 

La trama: Nel cuore dell'alta borghesia milanese, i componenti della famiglia Recchi conducono le proprie esistenze fra menzogne e ipocrisie. Tancredi, il capofamiglia, assieme a sua moglie Emma, affascinante donna di origini russe, ed ai tre figli Elisabetta, Edoardo e Gianluca, attende la successione alla guida dell'azienda di famiglia. Mentre ogni cosa resta algida ed immutabile, l'arrivo di Antonio, umile ma talentuoso cuoco, sbriciolerà i fragili equilibri all'interno della villa.


Il regista: Regista, sceneggiatore e documentarista palermitano, Luca Guadagnino nasce nel 1971. Dopo diversi videoclip e cortometraggi, debutta nel lungometraggio nel 1999 con The protagonists, con cui inizia una lunga collaborazione con la Swinton. Seguono altri corti e diversi documentari, per arrivare al film scandalo Melissa P. ('05), film che dona al regista una certa notorietà. Con Io sono l'amore  raggiunge il pubblico americano, mentre fra i suoi progetti futuri c'è il remake di Suspiria  di Dario Argento.


Il film: Fin dall'esagerato, potente, presuntuoso titolo, indiscusso è il materiale di quella che è considerata una delle pellicole italiane, meno italiane della stagione, Io sono l'amore.
L'aspetto rivoluzionario dell'amore, l'idea di un amore che prevarica tutto, che va oltre le convenzioni, la vita, la morte, e che come un ordigno nascosto ed inesploso, scardina regole e canoni di vita consolidati in decenni.
Teatro di guerra di una storia di sentimenti soffocati dai rigidi canoni di comportamento di una famiglia alto-borghese, in una Milano lontana anni luce da quella da bere di un celebre spot televisivo anni novanta, è una villa nascosta dalla folta vegetazione del parco patronale, in cui scorrono apparentemente senza mutamento le vite dell'anziano patriarca Edoardo Recchi e della sua progenie.
All'interno di questo mondo algido, sterile, intrappolato nella sua stessa prigione di ghiaccio fatta di riti, di ordine, di comportamenti vecchi e stantii, lontanissimi dalla realtà delle cose, tutti i componenti della famiglia vivono esistenze scandite da regole e processi immutabili, verso cui nessuno di loro riesce a prendere distanza. Un mondo chiuso, lontano, ingabbiato, dove sebbene tutto sembri essere governato da un'aurea di stabilità e indiscutibile benessere, nulla in realtà scorre in naturale armonia.
Emma, moglie del capofamiglia Tancredi, è un'estranea a questo mondo dove è capitata per caso, ma che ha abbracciato in maniera totale. Decidendo di indossare la maschera del suo ruolo di matriarca, si è immedesimata come un attore sul palcoscenico con il personaggio che le era richiesto, quello della padrona di casa, della madre di famiglia, del fulcro su cui far ruotare l'immutabile movimento di azioni e relazioni familiari e sociali alla base del perfetto funzionamento della famiglia stessa e del mantenimento di quell'immagine che si è imposta di rappresentare agli occhi di tutti, simbolo di potenza, solidità e indissolubilità. Emma è una muta, inconsapevole sottomessa, violentata nei sentimenti nascosti e nelle pulsioni represse, che vede nella libertà gridata e pretesa da sua figlia, il catarifrangente attraverso cui trovare la forza e il coraggio di vivere la propria storia d'amore, contro tutti.
Antonio, l'oggetto di questo amore totale, rappresenta la natura, la libertà, l'estro creativo, la passione, tutti elementi nascosti ed esclusi dal mondo codificato dei Recchi, un mondo dove, come dice un personaggio del film, le donne sono soltanto "le mogli dei re".
Una delle cose che colpisce di più è proprio lo sguardo del film che assume una valenza e un'importanza pari a quella di un personaggio reale. Uno sguardo glaciale, algido, distaccato, indifferente, uno sguardo separato da tutto quello che conosciamo come vita vera fatta di sentimenti e sensazioni. Uno sguardo che muterà appunto con il sopravvento della pulsione amorosa e che il regista esaspererà e amplificherà attraverso inquadrature ardite, inconsuete, inattesi ma impeccabili movimenti di macchina, catturando immagini di accecante bellezza, dove la luce, la natura e la musica saranno i portavoce di personaggi muti e totalmente persi nella potenza del sentimento.
Accecante è la parola più adatta per definire Io sono l'amore, un film che acceca appunto per la bellezza e per la potenza visiva, per l'arditezza e per il coraggio di espressione attraverso modi e canoni diversi da quello che è il cinema più classicamente italiano, liberandosi da qualsiasi legame con i percorsi sicuri di una messa in scena stilizzata e canonizzata, e guardando a quello che è un nuovo modo di far cinema, personale, raro ed irripetibile.
Non a caso il film in Italia è passato quasi inosservato, mentre la sua programmazione nel resto del mondo gli sta garantendo una visibilità e una risonanza ragguardevoli.
Guadagnino si dimostra meticoloso ed impeccabile nella messa in scena, curatissima nei minimi dettagli che spaziano dall'inquadratura di un determinato oggetto, allo sguardo veloce su un costume o al piccolo particolare di un arredo.
Dal cast perfetto, minuziosamente messo insieme dal regista, spiccano nome di grandi star di oggi e del passato come Tilda Swinton, che collabora con Guadagnino da anni, o Marisa Berenson, mai dimenticata Lady Lindon per Kubrick, a nomi di attori meno risonanti come quello di Alba Rochrwacher, Gabriele Ferzetti, Maria Paiato o di Pippo Delbono, regista teatrale al suo primo ruolo di attore cinematografico, a quello di attori del tutto sconosciuti come Flavio Parenti o di altri addirittura al loro primo ruolo al cinema come Mattia Zaccaro.
Per il personaggio di Antonio, il regista avrebbe voluto una star al pari della Swinton, anche per garantire una certa visibilità al film, ma dopo mesi di ricerche e provini in mezzo mondo, è tornato alla sua prima scelta, Edoardo Gabbriellini, riconosciuto malgrado la popolarità esclusivamente nostrana, il più adatto al ruolo.
Un altro elemento indiscutibile e fondamentale a dare la giusta tonalità al film è la musica insostituibile di John Adams, a cui il regista e la Swinton si sono ispirati per tutta fase di creazione che è durata oltre sette anni. Trascinante, potente, sontuosa, vorticosa la musica di Adams costituisce la giusta ed unica possibile colonna sonora ad un film che ci innalza e ci fa perdere e confondere come i suoi personaggi nella perfezione immutabile della natura.
                                                                                                                       V.M.


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