MEDUSE
regia Etgar
Keret, Shira Geffen
con Assi Dayan,
Etgar Keret, Sarah Adler,
Miri Fabian, Tzahi Grad, Noa Raban, Zharira Charifai
sceneggiatura
Shira Geffen
fotografia
Antoine Héberlé
montaggio Sasha
Franklin, Francois Gédigier
musica
Christopher Bowen, Grégoire Hetzel
scenografia
Avi Fahima
costumi Li Alembik
produzione
Lama Productions, Les Films du Poisson
distribuzione
Sacher
durata 1h18m
Israele 2007
La trama:
Le storie di tre donne s'intrecciano nella moderna Tel Aviv. Batya, che fa la
cameriera in un catering, trova una bambina nuda, apparentemente abbandonata
sulla spiaggia. Non sapendo a chi affidarla la tiene con sé. Karen nel giorno
del suo matrimonio resta imprigionata nella toilette. Nel tentativo di
scavalcare la porta si rompe una gamba, rovinando così la sua luna di miele. Joy,
una badante filippina, soffre per il figlioletto lasciato nel suo paese natale.
Il regista: Marito
e moglie nella vita, Etgar
Keret (1967) e Shira Geffen (1971), sono due attori, scrittori e
registi israeliani. Lei è figlia del celebre regista e scrittore Yehonatan
Geffen. Keret aveva già realizzato un film nel 1996, Skin deep
mentre Meduse, Camera d'Or a Cannes, è la loro prima regia insieme, a cui
è seguita quella di Stories of human rights ('08).
Il film:
A parte il cinema dell'internazionalmente noto regista israeliano Amos Gitai,
non molte pellicole del paese mediorientale hanno varcato la frontiera nazionale
e si sono fatte conoscere al di fuori del circuito interno, salvo rari casi.
Uno di questi è stato quello, piacevolissimo, rappresentato dal film Meduse,
opera prima di una coppia di scrittori israeliani, presentato a Cannes 2007,
dove ha vinto la Camera d'Or come miglior opera prima.
Il film racconta tre storie che si intersecano vagamente le une nelle altre in
una moderna e apparentemente lontana dalla guerra Tel Aviv, dove otto personaggi
principali (di cui uno soltanto maschile), si muovono alla ricerca di felicità
interiore, di comunione con gli altri e con il mondo circostante. All'interno
del sinuoso vortice che travolge le esistenze dei personaggi, il mare acquisisce
un ruolo da co-protagonista, rappresentando una sorta di rifugio spirituale, di
primordiale ventre materno dove ripararsi dalle paure e dalle difficoltà.
La presenza dell'acqua come elemento vitale e fondamentale del fluire della
vita, ma anche di perdita e rinascita, è sottolineata in maniera diffusa e
continua. La visione del mare quasi onnipresente durante tutto il film, la
scoperta da parte di Batya della bambina muta che emerge dalle acque, il
continuo gocciolio dal soffitto del suo appartamento che il padrone di casa si
rifiuta di riparare ma che disseterà la bimba non appena arrivata a casa, il
desiderio irrinunciabile di Karen di poter vedere il mare dalla sua camera
d'albergo, il bisogno di Joy di comprare una barca per il figlioletto lontano.
Nel forse primo film che sdogana l'immagine di Israele da quella della guerra, i
registi sembrano dirci che il conflitto esiste, ma che la quotidianità di questi
personaggi può essere la stessa di quella che caratterizza le vite di persone in
qualsiasi altra parte del mondo. Non ci sono bombe, non ci sono kamikaze, né
esplosioni, né violenze di alcun tipo, nemmeno percepite in lontananza. La
tensione del conflitto si intuisce però nel mesto sguardo dei personaggi, un
conflitto interiore segnato dalla solitudine e dal desiderio di ritrovare un
contatto con gli altri.
Film poetico, malinconico, onirico e visivamente accattivante, Meduse
è stato girato in soli ventisette giorni a Tel Aviv con un cast misto di attori
professionisti e non. Alla celebre attrice teatrale israeliana Zharira Charifai,
è stata affiancata ad esempio l'esordiente Ma-nenita De Latorre, che nella vita
è una vera colf filippina che non vede suo figlio da tre anni, e che non parla
israeliano. Il ruolo del venditore di gelati sulla spiaggia è interpretato dal
padre del regista Efraim Keret, anche lui un esordiente.
Proposto dalla coppia di sceneggiatori ad altri registi, che però cercavano di
portare troppi cambiamenti alla storia, i due coniugi hanno capito che dovevano
essere loro stessi a dirigere il film. I due che non avevano grandi aspettative
e che pensavano di ritornare alla loro principale attività di sceneggiatori,
sono rimasti molto sorpresi dell'accoglienza ricevuta internazionalmente dal
film, enfatizzata dal prestigioso premio vinto a Cannes, tanto che hanno già
realizzato un'altra pellicola insieme, Stories of human rights.
V.M.
versione per la stampa