MAN ON WIRE
regia James Marsh
con Philippe
Petit, Jean-Francois Heckel, Annie Hallix,
David Forman, Alan Welner, Mark Lewis, Jim Moore
soggetto
Philippe Petit
fotografia Igor
Martinovic
montaggio Jinx
Godfrey
musica Michael
Nyman
produzione
Discovery Films, BBC,
Red Box Films, UK Film Council, Wall to Wall
distribuzione
Fondazione Cinema per Roma, Feltrinelli
durata 1h34m
G.B. 2008
La trama:
Il 7 agosto 1974 un giovane funambolo francese, Philippe Petit, sale di nascosto
sul tetto di una delle torri gemelle a New York, allora gli edifici più alti al
mondo. Tesa una corda da una torre all'altra per quasi un'ora Petit passeggiò a
più di trecento metri dal suolo fra lo stupore dei passanti allibiti, prima di
essere arrestato. Il racconto incredibile e toccante di uno dei momenti
più singolari della nostra storia recente, in un docu-film che ha già fatto epoca.
Il regista: James
Marsh nasce in Cornovaglia nel 1963 ed è un regista e documentarista inglese.
Inizia come documentarista per la televisione nel 1990, ma alterna al cinema
verità quello di finzione. Fra i suoi documentari ricordiamo The burger & the
king: The life & cuisine of Elvis Presley ('96),
The team ('05), Red
riding: In the year of our Lord 1980 ('09), mentre fra i suoi film
Winsconsin dead trip ('99) e The king ('05).
Il film:
Ai fortunati passanti che il 7 agosto 1974, poco dopo le sette del mattino
casualmente si trovavano dalle parti delle torri gemelle del World Trade Center
di New York, Philippe Petit deve essere apparso come un piccolo puntino scuro
sospeso nell'azzurro del cielo di mezza estate, piccolo esattamente come il
proprio
nome.
Scelti dal caso e resi loro malgrado degli inconsapevoli privilegiati, ancora
non sapevano quegli ignari passanti, di trovarsi di fronte ad un fatto
unico ed irripetibile, un evento che sarebbe rimasto scolpito nella loro memoria
per tutto il resto delle proprie esistenze, un fatto che all'indomani sarebbe rimbalzato sulle
pagine dei giornali di tutto il mondo come una delle più grandi follie del
nostro secolo.
Per quarantacinque incalcolabili minuti Petit rimase in bilico nel vuoto, ad
oltre trecento metri da terra, e per ben otto volte passeggiò avanti e indietro
sulla fune arrivando perfino a sdraiarvisi sopra, fra lo stupore e
l'incredulità dei poliziotti che, da una parte gli intimavano di scendere,
dall'altra erano completamente rapiti dalla grazie e dalla magia del momento.
Philippe Petit era all'epoca un giovane funambolo francese che da lì a sette
giorni avrebbe compiuto venticinque anni. Fin da piccolo era rimasto vittima del
fascino delle funi e della vita da strada del giocoliere, e prima dell'evento
americano aveva già fatto parlare di sé per aver "passeggiato nel vuoto" sulla
Cattedrale di Notre Dame a Parigi e su di un ponte di fronte alla Opera House
nella baia di Sydney, sempre aiutato da un ristretto gruppo di amici fedelissimi
e in maniera totalmente clandestina.
Il bellissimo film di Walter Marsh ripercorre la preparazione dell'evento di New
York, fino a quella magnifica mattina di agosto, e lo fa in maniera unica e
travolgente. Chiunque dopo la visione di questo film rimane stordito e commosso,
travolto letteralmente dagli eventi riportati in vita nel docu-film, ma
soprattutto dalla
passione, purezza di spirito, dal fascino e dall'entusiasmo di Philippe Petit
che non lascia indifferenti. Il film si può definire come un inno alla vita,
un'istigazione a seguire i propri sogni e i propri desideri, per quanto folli
essi siano. Petit lo ha fatto, pensando ad ogni passo in più nel vuoto come
all'ultimo istante della sua vita, ma è riuscito ad andare avanti entrando nella
storia e nel mito. E come Petit è riuscito a proseguire nel suo cammino su
quella fune, così Man on wire riesce a trasportare lo spettatore su
quella stessa fune, insieme a Philippe, e riesce a fargli vivere tutte le
emozioni irripetibili che deve aver provato in quegli istanti. A tratti sembra
quasi di captare sotto le suole delle scarpe la sdrucciolevolezza del terreno
accidentato del cantiere ancora aperto (le torri non erano ancora terminate), o
di sentire la brezza fredda delle prime ore del mattino fra i capelli, o di
vedere la sagoma spettrale dell'altra torre a qualche decina di metri di vuoto
assoluto da noi, mentre Philippe di tanto in tanto getta uno sguardo amichevole,
puro, disincantato nell'obiettivo della macchina, che ci fa provare una perfetta
comunione.
Il film è semplice magia e poesia, e man mano che la storia si addentra in una
ricostruzione da puro thriller, riusciamo a sentire ed a comprendere
profondamente la verità e l'essenza estrema di un'azione voluta e desiderata in
maniera totale, per la semplice, genuina, essenziale necessità di vederla
realizzata, di metterla in atto, semplicemente per questo.
Il film si basa su un eccezionale materiale di repertorio composto dai filmati
realizzati dallo stesso Petit e dai suoi compagni, dalle loro discussioni, dalle loro
prove, dai tentativi e dai sotterfugi escogitati per poter evadere i controlli
della polizia, combinati con interviste agli stessi protagonisti a trent'anni di
distanza. Consideriamo anche il fatto che la New York e l'America di allora
erano molto diverse da quelle di oggi, dove non sarebbe ipotizzabile che un
fatto così possa prendere vita. Un moderno Petit verrebbe incarcerato a vita a
causa della fobia e della paura dell'America post 11 settembre, mentre il
vero Petit dopo un breve fermo della polizia, venne subito rilasciato e accolto come
una celebrità dalla gente.
Un altro grande pregio del film è che non fa mai nessun riferimento
all'attentato che ha distrutto le torri, ma piuttosto porta lentamente lo
spettatore a ragionare sulla grandezza, sulla magia, sull'eccezionalità di un evento
che indiscutibilmente rimarrà unico nella storia. Le torri non ci sono più e
nessun altro in futuro, nemmeno lo stesso Petit, potrà ripetere l'eccezionale
impresa.
Fortemente voluto da Mario Sesti nella sezione da lui organizzata L'Altro
Cinema/Extra del Festival del Film di Roma, Man on wire ha goduto
del passaparola da cui è stato preceduto che ha portato ad un'accoglienza da
parte del pubblico inaspettata.
Il film ha vinto in giro per il mondo una trentina di premi internazionali fra
cui l'Oscar per il miglior documentario.
V.M.
versione per la
stampa