IL DOLCE DOMANI
regia Atom Egoyan
con Ian Holm,
Sarah Polley, Bruce Greenwood,
Gabrielle Rose, Arsinée
Khanjian, Tom McCamus
sceneggiatura
Atom Egoyan
fotografia
Paul Sarossy
montaggio Susan
Shipton
scenografia
Phillip Barker
costumi Beth
Pasternak
musica Mychael
Danna
produzione Atom
Egoyan, Camelia Frieberg
distribuzione
Lucky Red
durata 1h42m
Canada 1997
La trama:
In un piccolo villaggio sperduto fra le nevi canadesi, il pulmino della scuola
locale esce tragicamente di strada e s'immerge nelle acque gelide di un lago
ghiacciato. Le uniche sopravissute al terribile incidente sono l'autista
Dolores, e l'adolescente Nicole, che rimane immobilizzata su una sedia a
rotelle. Qualche tempo dopo arriva nel paese un avvocato che chiede di
rappresentare tutte le famiglie delle piccole vittime, nella causa di
risarcimento.
Il regista: Atom
Egoyan nasce al Cairo nel 1960 da una famiglia di origine armena che, quando il
futuro regista ha tre anni si trasferisce in Canada. Studia presso il Trinity
College dell'Università di Toronto e a diciannove anni realizza il suo primo
corto. Nel 1984 dopo la laurea, dirige Next of kin, suo primo
lungometraggio, con Arsinée Khanjian che diventa sua moglie, e che sarà
presente in quasi tutti i suoi film futuri. Nel '87 realizza Black comedy,
primo suo film distribuito in Italia, seguito da Mondo virtuale ('89),
The adjuster ('91), Calendar ('93), Exotica ('94) che vince il
premio internazionale della critica a Cannes. Dopo Il dolce domani, ha
diretto Il
viaggio di Felicia ('99), seguito da Ararat (02), False verità
(05) e Adoration ('08).
Il film:
L'utopia del dolce domani raccontata dal regista Atom Egoyan nel suo
settimo, folgorante film, è quella che ha percorso in maniera continua e
rigorosa, anche se in forme e messe in scena diversificate, gran parte
del suo cinema fin dagli esordi.
Vale a dire una minuziosa rappresentazione, analitica e chirurgica, della famiglia distorta, destrutturata,
malata, dei suoi
legami soffocanti, delle sue torbide relazioni e dei meccanismi che regolano i
rapporti tra genitori e figli.
Questi temi fondamentali sono presenti in quasi tutta la produzione del regista
canadese di origini armene, fin dal suo film d'esordio del 1984, Next of kin,
inedito in Italia, e che hanno rappresentato una sorta di marchio di fabbrica di
un autore personalissimo, sempre di estrema eleganza visiva, introspettivo ed
emotivamente sempre molto vicino ai suoi personaggi, autentici e dalla psicologia
profondamente analizzata. Black comedy, Mondo virtuale, The adjuster,
Exotica
altro non sono se non la rappresentazione visiva della volontà del regista di
raccontare la famiglia dissestata da rapporti malsani, che è alla base della
deriva a cui sembra ormai destinata la cultura moderna occidentale.
Sotto questo punto di vista imprescindibile per l'interpretazione del cinema di
Egoyan, quanti identificano Il dolce domani soltanto come un film
sull'elaborazione del lutto, sbagliano, perchè molto più complessi ed
intrecciati sono i suoi significati nascosti. Il film è anche questo, una storia
sulla ricerca della pace dopo un'indicibile sofferenza, sulla capacità di
sopravvivere ad una tragedia familiare e sulla convivenza con il dolore, ma
molto e ben altro di più.
Il regista si sofferma sul tema della piccola comunità, che pur permettendo una
migliore comprensione dei meccanismi, spesso sbagliati e snaturati che regolano
gli equilibri all'interno delle famiglie, riflette perfettamente i mali e le
brutture di una più vasta collettività. Una comunità apparentemente unita e
forte, ma sottoposta ad una disgregazione su più fronti, anche dal suo interno.
Il senso di ambiguità che si respira per tutto il film sottolinea questo aspetto
ed è praticamente riferibile a tutti i personaggi della storia, dall'avvocato Stevens, all'autista Dolores, a tutti
i genitori dei bambini scomparsi, al
padre di Nicole ed alla giovane, innocente Nicole stessa.
L'immobile, sospesa fissità del limbo in cui sono piombati tutti i genitori che
hanno perso i loro bambini nel terribile incidente, non è altro che una
disperata ricerca di espiazione, di una via di fuga al senso di colpa, di
un'assoluzione alle proprie responsabilità. Così come i genitori che vuole
rappresentare al processo contro la ditta costruttrice dell'automezzo, Stevens
vive dentro di sé la stessa cattiva coscienza, lo stesso rimorso, a causa del
rapporto perduto con la figlia tossicodipendente Zoe, per cui cerca
un'assoluzione (perdita che vede ripetersi sotto i propri occhi in quello tra
Nicole e suo padre). Anche lui sta sopravvivendo alla sua personale elaborazione
del lutto per la perdita (emotiva in questo caso) di sua figlia.
Ad un certo punto del film dice "Non esistono incidenti, qualcuno è
responsabile, e deve pagare per quello che è successo", e su questo qualcuno
immaginario cerca di convogliare la rabbia e l'odio dell'intera comunità in
cerca di una risposta al dolore che non potrà mai esserci.
L'incidente stesso va interpretato come una grossa metafora sul rapporto spesso
ambiguo genitori/figli, sull'inconsapevole odio per i propri figli, sul peso
delle responsabilità che rifuggiamo in cerca di un capro espiatorio.
Niente è
come sembra nemmeno nel più candido ed elegiaco degli scenari.
Tutto questo materiale magmatico ed infinito viene trattato da Egoyan con una
messa in scena elegante, ipnotica, poetica, piena di intrecci narrativi, che
portano a ricordi ed a salti temporali avanti e indietro nel tempo, costituendo
lo scheletro di un film indimenticabile perchè bellissimo ed agghiacciante allo
stesso tempo.
Tratto per la prima volta da materiale già esistente e non scritto dallo stesso
Egoyan, il film prende spunto dal romanzo omonimo di Russell Banks, a sua volta
ispiratosi ad un fatto di cronaca, rimodellato e trasformato dal regista per
meglio adattarlo alle esigenze cinematografiche. L'idea più illuminata di Egoyan
è stata quella di inserire nella sceneggiatura, come contraltare alle terribili
vicende della realtà, la fiaba del pifferaio magico di Hamelin, che Nicole racconta ai bambini di Billy per farli addormentare, e che
diventa il simbolo metaforico più forte di tutto il racconto cinematografico. La
figura del pifferaio ricopre un duplice significato nell'ambito della storia,
rappresentando da
un lato il senso di colpa dei genitori (il pifferaio nella fiaba, artefice della
scomparsa dei bambini, è
stato chiamato dai genitori degli stessi bambini),
dall'altro rappresenta come l'avvocato Stevens, il capro espiatorio che porta
via con sé il sospetto, il rimorso e la cattiva coscienza.
Solo Nicole alla fine, unica sopravvissuta non solo all'incidente, ma al
travaglio dell'intera comunità, si ergerà come simbolo di un possibile ma improbabile dolce
domani.
Nel film presentato in concorso al Festival di Cannes 1997, dove vinse il Gran
Premio della Giuria, lavorano alcuni tra gli attori prediletti da Egoyan,
presenti in molti dei suoi film, tra cui Bruce Greenwood, già in Exotica, e Arsinée
Khanjian, moglie del regista nella vita, che insieme a Gabrielle
Rose ha recitato in quasi tutti i film del regista. Torna dopo Exotica anche
Sarah Polley, oggi attrice affermata e apprezzata regista (Away
from her), all'epoca del film appena diciottenne, che firma anche la
canzone principale della colonna sonora.
Da non dimenticare nei panni dell'avvocato Stevens, l'intensa interpretazione di
Ian Holm, mai dimenticato androide in Alien di Ridley Scott.
Un'ultima nota alla suadente, ipnotica colonna sonora di Mychael Danna, che ha
firmato i temi musicali di quasi tutti i film di Egoyan.
Considerato ancora oggi il miglior film della cinematografia del regista, Il
dolce domani oltre ai vari premi conquistati a Cannes, ha collezionato
decine di altri premi internazionali fra cui due nomination agli Oscar per Regia
e Sceneggiatura.
V.M.
versione per la stampa