LE VITE DEGLI ALTRI

regia Florian Henckel von Donnersmark
con Ulrich Muhe, Martina Gedeck, Sebastian Koch,
Ulrich Tukur, Thomas Thieme
sceneggiatura Florian Henckel von Donnersmark
fotografia Hagen Bogdanski montaggio Patricia Rommel
scenografia Silke Buhr costumi Gabriele Binder
musica Gabriel Yared
produzione Florian Henckel von Donnersmark, Quirin Berg,
Max Wiedemann
distribuzione 01 Distribution
durata 2h18m

Germania 2006
 

La trama: Nella Berlino Est del 1984, la vita delle persone è minuziosamente spiata dalla Stasi, la Polizia di Stato della DDR. Il commediografo Georg Dreyman è nel mirino del Colonnello Gribitz, invaghitosi dell'attrice Christa-Maria Sieland, legata sentimentalmente al regista. Ogni loro mossa è sorvegliata dal cinico poliziotto Wiesler, che non esita a piazzare dei microfoni nell'abitazione del drammaturgo.


Il regista: Florian Henckel von Donnersmark nasce nel 1973 a Colonia e vive fra New York, Berlino, Francoforte, Bruxelles e Leningrado dove studia russo. In seguito completa studi in Economia e Filosofia ad Oxford, segue poi un corso di regia con Richard Attenborough e la scuola di regia dell'Accademia di Cinema e Televisione di Monaco di Baviera.
Scrive e dirige vari corti. Le vite degli altri  è il suo primo lungometraggio.


Il film: "Eccezionale, incalzante, appassionato, spiazzante, clamoroso, convincente, geniale, epocale, folgorante, sorprendente, fulminante, avvincente, superbo, perfetto". Solo alcuni dei termini apparsi sulla stampa per definire l'opera prima di Florian Henckel von Donnersmark Le vite degli altri, arrivato come una luce abbagliante nel panorama cinematografico europeo della passata stagione, e che ha mietuto messe di premi, conquistando anche pubblico e critica americani.
Capita raramente che un film, soprattutto l'opera prima di un anonimo studente poliglotta che pensava di diventare professore di russo, con attori sconosciuti ai più, senza una grande messa in scena o effetti speciali mozzafiato, metta d'accordo tutti e riesca grazie anche al passaparola, a raggiungere traguardi a cui grandi registi affermati anelano per anni.
La forza e la personalità della pellicola trovano risposta in una sceneggiatura di ferro, dal meccanismo del racconto perfetto, che non cede mai alla facile retorica o sensazionalismo, che costruisce personaggi così veri che vorremmo incontrarli all'uscita della sala, completi, complessi, reali e strabordanti di umanità, dalle personalità perfettamente delineate, con connotati psicologici così profondi che sembrano quasi essere scappati dalla vita reale per vivere sulla pellicola. Il regista, appena trentatreene, dimostra un'abilità visiva e una tecnica cinematografica sorprendenti, una sicurezza nelle inquadrature e un gusto nei movimenti di macchina che danno al film il respiro del grande cinema, sgombro da qualsiasi altra contaminazione artistica che non sia puramente cinematografica.
Gli attori eccezionali, si muovono perfettamente come pedine in una scacchiera fatta di mistero, di sospetti e di incastri casuali, dove un destino beffardo sembra prendersi gioco delle vite dei loro personaggi, spinti in un altalenarsi di ombre e luci dell'anima, chi al sacrificio, chi alla redenzione, chi semplicemente a subire.
La storia ambientata nella metà degli anni ottanta nella Germania dell'Est, pur essendo di finzione, trae spunto da realtà documentate come il controllo a tappeto che la polizia della DDR ha attuato per anni sulla popolazione di cittadini dissidenti al governo o semplicemente sospettati, violando le più basilari leggi sulla privacy delle persone, che venivano spiate in ogni momento della loro vita, anche in quelli più intimi e personali, controllo che si trasformava spesso in una vera e propria inquisizione, anticamera di sfiancanti, interminabili interrogatori, e perfino di torture, sia fisiche che psicologiche.
Durante la preparazione della sceneggiatura, il regista ha effettuato molte ricerche, documentandosi attraverso gli archivi della vecchia DDR e intervistando sia alcuni ex gerarchi che delle vere vittime della Stasi. Lo stesso attore Ulrich Muhe, che nel film interpreta il ruolo del cattivo Wiesler, durante gli anni giovanili fu oggetto delle intercettazioni della polizia di stato, e soltanto ai primi anni novanta riuscì a conoscere alcuni dei nomi delle persone che lo tradirono, due compagni di teatro, attori come lui, e perfino sua moglie.
Tutti i macchinari elettronici che vediamo nel film, (addirittura un aggeggio che riusciva ad aprire con il vapore seicento buste l'ora), sono autentici, recuperati da musei o da collezionisti privati, perfettamente funzionanti e ripresi dal regista in ogni minimo particolare per donare al film un maggior senso di autenticità.
Rifiutato dai grandi festival europei Le vite degli altri  è uscito in Germania alla chetichella ma è subito balzato ai vertici del botteghino e della critica, accumulando via via un'enormità di premi internazionali, fra cui tre European Film Award (film, sceneggiatura e attore Ulrich Muhe, prematuramente scomparso la scorsa estate) e l'Oscar come Miglior Film Straniero.
Un'ultima nota alla sontuosa, incalzante colonna sonora di Gabriel Yared.
                                                                                                                      V.M.


versione per la stampa