REQUIEM
regia Hans-Christian Schmid
con Sandra Huller, Bulghart Klaussner,
Imogen Kogge,
Anna Blomeier, Nicholas Reinke, Jens Harzer
sceneggiatura Bernd Lange
fotografia Bogumil Godfrejow
montaggio Hansjorg Weissbrich, Bernd
Schlegel
scenografia Christian M. Goldbech
costumi Bettina Marx
suono Mark Parisotto
produzione Hans-Christian Schmid
distribuzione Medusa
durata 1h33m
Germania 2006
La trama: Siamo
nella provincia di Tubinga, in Germania, nel 1970. Michaela ha ventuno anni e vive in una famiglia
molto religiosa. Malgrado la giovane soffra di epilessia,
convince i genitori a lasciarla andare all'Università, in un'altra città. Qui
conoscerà la libertà, l'amore e la spensieratezza della sua età, fino a quando i
demoni nella sua testa torneranno a farsi vivi.
Il regista: Hans-Christian Schmid,
documentarista, produttore e regista tedesco nasce nel 1965 a Altotting, ma vive
e lavora a Berlino. Inizia con i documentari nel 1989 e colleziona nel corso
degli anni diversi riconoscimenti nel settore. Il suo primo film è Crazy
del 2001, seguito da Lichter - Distant light del 2003. Nel 2005
fonda la casa di produzione 23/5 con cui realizza Requiem.
Il film: Basato
sulla vera storia di Anneliese Michel, giovane ventitreenne tedesca passata alla
cronaca come vittima di un esorcismo nella cattolica cittadina di Miltenberg nel
1976, Requiem ripercorre con impegno da reportage e sentito trasporto le
vicissitudini e i fatti succedutisi nel corso dei mesi, esaminandone gli aspetti
più cupi e sconosciuti e analizzando il drammatico evolversi degli avvenimenti.
La vicenda di Anneliese, che in questo film prende il nome di Michaela, era
già stata portata sul grande schermo da una produzione americana dal titolo
The exorcism of Emilie Rose ('05), film che purtroppo si perdeva nella seconda parte
nei meandri macchinosi del thriller giudiziario che troppo si allontanavano
dalla natura più mistica e spirituale del materiale di cronaca da cui traevano
spunto.
Il film di Hans-Christian Schmid invece, riesce nell'evocare gli aspetti più
trascendentali della storia, lavorando sul senso di possessione vissuto dalla
giovane, sul potere traviante della Chiesa, sul profondo sentimento
religioso della famiglia e sull'ambiente oppressivo della piccola comunità di
provincia in cui i fatti hanno luogo. I genitori della giovane, un uomo gentile,
profondamente innamorato della propria figlia ma debole, sposato ad una donna al
contrario forte e severa, dalla personalità dominante, non riescono a
comprenderne i disagi dell'anima, e pur lasciandola andare lontano a studiare ed
a vivere la propria vita, non riusciranno a proteggerla dai meccanismi
autodistruttivi di una mente malata ed instabile, che lascia la ragazza
sempre in bilico fra il giusto naturale bisogno di vivere apertamente la sua
giovinezza e i severi insegnamenti imposti dal bigottismo e dalla castrante
chiusura della propria educazione familiare. Ed è proprio questa sensazione di
oppressione, di impossibilità di fuga, di castrazione e di negazione che emerge
in maniera sorprendente in Requiem, in cui viene mostrato in maniera
analitica il danno che una forza superiore come quella dogmatica della Chiesa, e una
chiusura mentale estrema, alimentata da un cieco sentimento religioso, riesce ad esercitare su una mente più debole,
del resto afflitta da una malattia perfettamente curabile come l'epilessia, e
che in
altri ambienti o situazioni avrebbe sicuramente potuto trovare aiuto, sostegno e
comprensione.
Requiem, che ha alcuni spunti in comune con il bellissimo Le onde del destino
di Von Trier, è fondamentalmente un atto di accusa contro il cieco affidarsi ad
un dogma, contro l'accettazione senza interrogativi di un credo che ci viene
imposto e che appanna il nostro metro di giudizio e di valutazione verso fatti
che in un altro contesto, avrebbero una spiegazione razionale. Intenso,
sofferto, a tratti sospeso, quasi ascetico come la sua protagonista, a tratti
insostenibile, inquietante e pauroso, Requiem rappresenta quella
porzione quasi invisibile di cinema europeo che difficilmente arriva nelle sale,
e che sdoppia la sua anima fra cinema d'autore e di denuncia.
Dall'ottimo cast di attori semisconosciuti, tra cui segnaliamo Burghart
Klaussner e Imogen Kogge nel ruolo dei genitori di Michaela, emerge il talento di una giovane
attrice teatrale tedesca, Sandra Huller, praticamente alla sua prima prova
cinematografica. Sorprendente nel ruolo di Michaela, la Huller, che ha ottenuto a
Berlino l'Orso d'Argento come migliore attrice, riesce ad alternare con
magistrale spontaneità i drammatici momenti degli attacchi epilettici allo smarrimento mistico, e colpisce
attraverso la sua
metamorfosi, soprattutto nelle scene di crisi, in cui trasforma la delicatezza
del suo essere in qualcosa di veramente terrificante.
V.M.
versione per la stampa