THE QUEEN

regia Stephen Frears
con Helen Mirren, Michael Sheen, James Cromwell,
Sylvia Syms, Alex Jennings, Helen McCrory
sceneggiatura Peter Morgan
fotografia Affonso Beato
montaggio Lucia Zucchetti
scenografia Alan MacDonald costumi Consolata Boyle
musica Alexandre Desplat
produzione Christine Langan, Tracey Seaward, Andy Harries
distribuzione Bim
durata 1h40m

G.B. 2006
 

La trama: Parigi, 31 agosto 1997. La principessa Diana muore in un tragico incidente d'auto.
I giorni e i mesi immediatamente successivi all'evento raccontati attraverso il dolore di una famiglia distrutta, divisa fra ragion di Stato e bisogno di un'intima elaborazione del lutto. Nel contempo la salita al potere di Tony Blair, al centro del suo primo, grande impegno pubblico.


Il regista: Stephen Frears nasce a Leicester nel 1941 e esordisce come regista con Gumshoe ('71). Il film che gli dà la fama è My beautifull laundrette ('85) che lancia anche l'attore Daniel Day Lewis, dopodichè inizia una fortunata carriera negli Stati Uniti. Fra gli altri suoi film ricordiamo Le relazioni pericolose ('89), Rischiose abitudini ('90), Eroe per caso ('92), The snapper ('93), Mary Reilly ('95), Due sulla strada ('96), Alta fedeltà ('00), Liam ('00).


Il film: La settimana che fece tremare la monarchia britannica, descritta minuziosamente in questo preciso film di cronaca, satirico, divertente, commovente e tragico che riporta ai giorni immediatamente successivi la morte di Lady D, raccontando da un lato il dolore privato e pudico di una famiglia reale da sempre abituata ai protocolli di corte, e dall'altro quello del popolo, mostrato e sviscerato dai media sui giornali e le tv di mezzo mondo.
Il racconto prende vita il 2 maggio 1997 quando dopo venti anni di governo conservatore, il partito laburista finalmente sale al potere con un nuovo e intimidito rappresentante, Tony Blair, che di lì a breve si troverà a fronteggiare una delle maggiori prove che la monarchia inglese sia mai stata costretta a gestire. Dopo la morte di Diana, mentre la famiglia reale si ritira in Scozia nel castello di Balmoral, per elaborare lontano dai riflettori il lutto improvviso e inatteso, il popolo britannico si sente abbandonato dalla sua regina, decisa a non voler apparire in pubblico ed a considerare la morte della principessa un evento familiare che non avrebbe dovuto avere nessuna influenza con gli affari di Stato. Sarà Blair, con un astuto lavoro di lenta diplomazia e arte della parola a convincere la sovrana a scendere in strada a fianco del popolo affranto, rinsaldando un legame che sembrava irrimediabilmente leso.
Il film è caratterizzato da una dualità espressa su diversi piani di lettura. Innanzitutto The Queen  è il racconto dell'incontro fra due persone, all'opposto una dall'altra, una proveniente da un mondo altro, privilegiato, distaccato, educata fin da bambina a comportamenti imposti e studiati non da lei, ma dallo status di monarca che lei stessa rappresenta; l'altra una persona comune, moderna, libera, che ha avuto la possibilità di evolvere come singolo insieme alla propria famiglia e che rappresenta la gente qualsiasi, sia personalmente che istituzionalmente. Da un lato l'immobilità quindi, dall'altro il cambiamento. Due persone che non si conoscono, che si trovano di fronte l'una all'altra in un momento storico, politico e sociale molto delicato per il Regno Unito, e che finiranno anche se non accettandosi, per comprendersi come individui e come simboli di due mondi diversi e lontani, ma indiscutibilmente legati.
Un altro elemento di diversità è sottolineato soprattutto dalle location in cui prendono vita i fatti raccontati nel film. Balmoral, magione sperduta fra la nebbia delle colline scozzesi, dove è il silenzio, la maestosità della natura, il verde dei boschi a incorniciare perfettamente il ritratto di una famiglia reale lontana dal mondo, volontariamente rinchiusa in questa prigione naturale, e Londra dove il dolore della gente diventa isteria collettiva, dove migliaia di mazzi di fiori ricoprono Buckingham Palace, in un quadro mass-mediatico che sembra irreale, tanta la sua unicità. Uno dei maggiori pregi del film è proprio la capacità di sottolineare in maniera costantemente sempre più esasperata il divario fra queste due realtà, costringendo lo spettatore a rivivere le sensazioni di smarrimento e di dolore di quei giorni, e ad appassionarsi ad aspetti sconosciuti e privati di quello che forse è stato uno degli eventi più globali della storia moderna.
Uno dei principali problemi nell'affrontare un argomento delicato come quello raccontato nel film è stato riuscire a creare una storia verosimile basandosi sul nulla, in quanto non esiste nessuna documentazione scritta di come si siano svolti realmente i fatti nelle ore immediatamente successive alla morte di Diana. Quello che vediamo nel film, e questo è un ulteriore elemento di dualismo, è un alternarsi fra fatti pubblici, reali e documentati, e fatti privati di cui non si conosce nulla, per la cui realizzazione si è fatto ricorso soltanto alla fantasia. La famiglia reale è raccontata attraverso gli aspetti più privati e intimi di una comune famiglia inglese, e incuriosisce vedere i principi in vestaglia, la regina con la borsa dell'acqua calda in grembo o il principe Filippo che non capisce cosa dice la tv per via del vociare generale nella stanza. Anche in questo il film rimane sempre molto equilibrato e composto, non scadendo mai nel facile rischio di una caratterizzazione caricaturale dei reali più celebri del mondo.
Stephen Friars, dopo lussuose trasferte americane, torna con questo film a raccontare la sua cultura e la sua gente, confezionando un film eccelso e compatto, non dimenticando però il suo caratteristico humor dissacrante, e la critica acuta che hanno sempre caratterizzato il suo cinema, fin da My beautifull laundrette, dove società e politica britanniche sono state sempre messe al centro di riflessioni e analisi precise.
Intimidita e preoccupata dal fatto di dover interpretare la regina d'Inghilterra, la sua regina, Helen Mirren in più di un'intervista ha dichiarato di aver pensato a se stessa nei panni di Elisabetta, come ad un pittore ritrattista impegnato nel dipingere un quadro, cosa che le ha reso più facile il lavoro.
L'ormai celebre immedesimazione nel personaggio dell'attrice inglese, è stato il risultato di lunghi studi sull'intonazione della voce, sul modo di camminare e sulle espressioni del viso della sovrana, che hanno reso la sua interpretazione unica.
Presentato a Venezia in concorso il film ha vinto il premio per la splendida sceneggiatura e naturalmente la Coppa Volpi per la Mirren, premio che ha inaugurato una lunga serie di altri riconoscimenti internazionali per l'attrice come il Bafta, il Golden Globe fino ad arrivare all'Oscar. Il film stesso è stato considerato come una delle migliori pellicole dell'anno, conquistando il plauso della critica e del pubblico internazionalmente.
                                                                                                                     V.M.


versione per la stampa