DIARIO DI UNO SCANDALO

regia Richard Eyre
con Judi Dench, Cate Blanchett,
Bill Nighty, Andrew Simpson
sceneggiatura Patrick Marber
fotografia Chris Menges
montaggio John Bloom
scenografia e costumi Tim Hatley
musica Philip Glass
produzione Scott Rudin, Robert Fox
distribuzione 20th Century Fox
durata 1h32m

G.B. 2006
 

La trama: Barbara Covett è un'anziana professoressa, severa e ferrea con la sua classe quanto sola e senza affetti nella vita privata; affida i suoi pensieri ad un diario come se fosse una persona amata. Quando nella scuola arriva una nuova insegnante d'arte, la bella Sheba Hart, per Barbara forse è l'inizio di una vera ma oscura amicizia.


Il regista: Inglese, classe 1943, Richard Eyre è stato un affermato direttore artistico presso il Royal National Theatre per circa dieci anni. Per il cinema ha diretto L'ambizione di James Penfield ('83), Loose connections ('83), Il giorno delle oche ('84), Iris ('01) sempre con la Dench, Stage beauty ('04). E' anche scrittore e regista televisivo.


Il film: E' da molto tempo che ad Hollywood si parla di un remake del classico di Robert Aldrich del 1962, Che fine ha fatto baby Jane?, senza che ancora si sia riusciti nell'intento, forse per la difficile scelta delle attrici che andrebbero a far rivivere sullo schermo due personaggi così celebri, senza il timore di confrontarsi con il mito di mostri sacri del calibro di Bette Davis e Joan Crawford. Nell'attesa, la risposta arriva dal regista inglese Richard Eyre, che ci riporta con il suo Diario di uno scandalo  alle atmosfere morbose e immorali che hanno reso il capolavoro americano ormai un cult.
Tratto dal celebre romanzo la donna dello scandalo  di Zoe Heller, e sceneggiato da Patrick Marber (Closer), il film è essenzialmente la storia di due solitudini, di due derive esistenziali che sfociano inesorabilmente in ossessioni. Il dualismo è uno degli aspetti più importanti della sceneggiatura che ne è attraversata da capo a fondo; due sono le protagoniste, due donne agli antipodi, lontane tra loro per esperienze, per età, per desideri. Barbara Covett, una donna ormai anziana che si è tarpata le ali per tutta la vita, repressa, severa, sola, apparentemente dura, verso cui si prova pietà, e Sheba Hart, bella, giovane, una sognatrice, fragile, inappagata da una famiglia avuta troppo presto, da troppi sogni non realizzati. Due sono le ossessioni che le imprigionano, una soffocata, irrisolta, negata, l'altra immorale, sbagliata, condannata, che le porteranno entrambe alla perdizione.
La linea di confine fra bene e male è molto sottile, e lo spettatore non riesce a condannare del tutto Barbara per la sua malvagità, ma più che altro ne prova pena, riconoscendo nel motivo di tanto rancore, un disperato bisogno d'affetto, da sempre negatole. Lo stesso vale per l'irresponsabile Sheba, irrisolta ragazza di buona famiglia che forse ha rinunciato a troppo e che spera quasi di essere smascherata dal mondo nella sua immoralità.
Tutto questo sullo sfondo di una società distaccata, che condanna ma che non capisce, preda di mass-media sempre più voraci di storie intime da mettere in prima pagina, di una scuola dove la lontananza fra gli studenti e l'autorità rappresentata dai professori, è sempre più ampia.
A supportare lo splendido lavoro di scrittura di Patrick Marber, che già in Closer  aveva fatto il punto sull'ossessione, sull'ambiguità e sulla morbosità che possono albergare in un rapporto di coppia, le interpretazioni memorabili delle due attrici, perfette, ineccepibili, ineluttabilmente calate nei rispettivi ruoli, entrambi costantemente in bilico fra isteria e consumato perbenismo, bontà d'animo e cinismo individuale.
Sicuramente due delle migliori performance dell'anno, meritatamente riconosciute con doppia nomination ai maggiori premi internazionali, fra cui il BAFTA, il SAG, il Golden Globe e l'Oscar.
                                                                                                                     V.M.


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