OGNI COSA E' ILLUMINATA

regia Liev Schreiber
con Elijah Wood, Eugene Hutz, Boris Leskin
Laryssa Lauret, Jana Hrabe Tova
sceneggiatura Liev Schreiber
fotografia Matthew Libatique
montaggio Craig McKay, Andrew Marcus
scenografia Mark Geraghty costumi Michael Clancy
musica Paul Cantelon
produzione Peter Saraf, Marc Turtletaub
distribuzione Warner
durata 1h42m

Usa 2005
 

La trama: Jonathan, giovane studente ebreo di New York, ama tenere piccoli frammenti di vita come ricordi, e così colleziona in sacchetti di plastica trasparenti oggetti più disparati come una cartolina, una foto, un po' di terra, una dentiera. Un giorno, decide di partire per l'Ucraina alla ricerca della donna che salvò la vita a suo nonno durante la seconda guerra mondiale.


Il regista: Nato a San Francisco nel 1967, Schreiber inizia come attore al College e poi segue l'Accademia d'Arte Drammatica a Londra. Attore e sceneggiatore, dal 1994 ha recitato in molti film fra cui, Parlando e sparlando ('96), Screem ('96), Big night ('96), A walk on the moon ('99), The hurricane ('99), Kate & Leopold ('01), The manchurian candidate ('04). Nella vita è il compagno dell'attrice Naomi Watts con cui ha recitato in Il velo dipinto ('06), insieme a Edward Norton. Ogni cosa è illuminata  è la sua prima regia.


Il film: Un viaggio illuminante come suggerisce il titolo stesso del film, al centro di un racconto pieno di emozioni e di poesia che non può non toccare lo spettatore, opera prima di un attore passato dietro la macchina da presa adattando l'omonimo romanzo di Jonathan Safran Foer, da cui era rimasto affascinato.
La storia è quella di un giovane ebreo newyorchese appena laureato, chiamato da tutti il collezionista, dalla sua abitudine peculiare di conservare piccole cose prese da persone care o da situazioni particolari, che tiene racchiuse in piccoli sacchetti di plastica appesi uno accanto all'altro sulla parete di una camera della sua casa, come fosse un enorme libro di ricordi non da sfogliare, ma da ammirare passandogli accanto, proprio come in un museo. Alla morte della nonna, il ragazzo sente il bisogno di andare alla ricerca di un ricordo meno fisico, più astratto e impalpabile, ma di cui percepisce l'impellente necessità, e parte da solo verso l'Ucraina, un paese a lui totalmente sconosciuto e di cui non parla la lingua, alla ricerca delle sue radici, sulle tracce della donna che nel 1942 aveva salvato suo nonno dai nazisti. Questo l'incipit di un viaggio on the road che sappiamo non sarà soltanto fisico ma soprattutto dell'anima, insieme a compagni a dir poco esilaranti, come Alex, la guida dall'improbabile inglese che come l'americano uscirà molto cambiato da questo pellegrinaggio, dal nonno autista-cieco, commovente e disillusa figura che viene direttamente dal passato e che non si riconosce più in questo mondo, fino ad arrivare alla cagnetta Sammy Davis Junior Junior, pazza più dei suoi padroni, che salta come un gatto e si morde la coda pensando non sia la sua.
Il film che inizia come una sorta di road-movie per le campagne delle vecchia Europa, ironico e folcloristico, pieno di situazioni assurde e tragicomiche, si trasforma a poco a poco in un viaggio dell'anima, poetico, commovente e malinconico, gettando un ponte verso l'evanescenza del ricordo di chi siamo e da dove veniamo, verso l'essenza primordiale che ci viene dalla nostra storia personale e da quella della nostra famiglia, costruita da persone e avvenimenti che pur inconsapevolmente sono stati fondamentali per la nostra identità di oggi.
Ogni cosa è illuminata
  è un film che arriva diretto al cuore con il tocco lieve della poesia pura, che incanta e commuove per la semplicità del racconto, senza ardite costruzioni melodrammatiche e ricercati trucchi della messa in scena. E' un film che semplicemente parla di sentimenti e di ricordi, di legami con il passato e di pure, forti emozioni evanescenti che lasciano... illuminati.
Il regista, di origini ebree europee come il protagonista del film, figlio d'arte di un regista teatrale e di una burattinaia, ha vissuto un'adolescenza fuori dal comune, condizionata dalla figura materna, un'eccentrica artista newyorchese dai comportamenti stravaganti che per esempio non permetteva ai figli di vedere film a colori, e che è stata fondamentale per la formazione artistica dell'attore. Schreiber, che stava scrivendo una sceneggiatura sul suo rapporto con il bisnonno ucraino, rimase molto colpito dal romanzo di Safran Foer e dall'aspetto dedicato alla valenza del ricordo, tanto da abbandonare il suo progetto dedicandosi all'adattamento del romanzo. L'attore e regista fino ai vent'anni ha sofferto di un particolare disturbo della memoria che non gli lasciava ricordi, ma solo frammenti confusi di vita vissuta, legati a foto, film e cose del genere, e questo particolare aspetto della sua vita lo ha avvicinato ancora di più al libro di Jonathan Safran Foer.
Il film segna il ritorno al cinema per l'attore Elijah Wood, che dopo il successo planetario della trilogia dell'anello, ha voluto scegliere un piccolo film intimo e poetico.
                                                                                                                 
                                                                                                                       V.M.


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