PATER FAMILIAS
di Francesco Patierno
con Luigi Iacuzio, Federica Bonavolontà,
Ferdinando Triola,
Domenico Balsamo, Francesco Pirozzi, Marina Suma
sceneggiatura Francesco
Patierno, Massimo Cacciapuoti
fotografia Mauro
Marchetti
montaggio Luca Gazzolo
scenografia Gian
Franco Danese
costumi Agostino
Varchi
musica Angelo Talocci
produzione Kubla Khan
distribuzione Istituto Luce
durata 1h27m
Italia 2002
La trama: Matteo, dopo dieci anni di carcere, nel suo unico giorno di permesso torna nel quartiere in cui è vissuto, alla periferia di Napoli; deve firmare delle carte notarili, a seguito della morte del padre. Questo ritorno rievoca nella mente del giovane, ricordi legati agli amici che non ci sono più, al vero amore della sua vita, Rosa, legata ad un uomo violento, ed al motivo per cui è finito in carcere.
Il regista: Francesco Patierno nasce a Napoli nel 1964 e si laurea in Architettura. Dal 1989 al 1991 lavora per una agenzia di pubblicità come direttore creativo. Ha diretto più di duecento spot pubblicitari per la tv, documentari e cortometraggi. Nel 1996 presenta in concorso a Venezia il corto Quel giorno. Con Pater Familias firma la sua prima regia nel lungometraggio.
Il film: Pater
Familias, il primo lungometraggio di Francesco Patierno, presentato a
Berlino ed uscito in sole due copie, è un film che sconvolge e fa pensare. Le
scene girate al rallentatore e con una telecamera nascosta, l’impostazione
asettica da documentario, la pellicola sgranata e le luci opache sono le
caratteristiche principali di questo film duro sulla realtà partenopea. La
violenza, il disinteresse della società civile, l’incapacità di questi
giovani a reagire rendono la pellicola molto difficile da accettare, anche perché
l’autore non sembra proporre soluzioni, se non la fuga da uno stato di cose
inalterabile.
Oltre alle soluzioni, anche le cause del disagio non sono bene evidenziate. Cosa
ha portato questi giovani ad essere così? La mancanza di cultura, le figure
negative o assenti dei genitori, il senso di sopravvivenza, l’essere nati in
una periferia o tutte questi fattori insieme? Il film, il cui titolo richiama la
figura giuridica dell’antichità romana, il pater familias, che deteneva il
diritto di vita e di morte sui figli, è costato 400.000 euro ed è stato girato
senza alcuna sovvenzione da parte dello Stato. Presentato al festival di
Berlino, ha riscosso un discreto successo, pur creando una forte sensazione
d’inquietudine tra gli spettatori.
Questo disagio, tuttavia, è più causato da un’emozione che da un
ragionamento, non porta idee su come migliorare la situazione, mostra solo, come
un dato di fatto ineluttabile, la realtà di un quartiere non bene identificato
e, per questo, nelle intenzioni del regista, universale. L’unico fattore di
salvezza, sembra essere la religione: immagini sacre, statue e processioni
segnano le tappe di tutto il film.
Ma forse il messaggio di Patierno è un altro. Il regista sembra dirci che
questa è una religione di facciata, buona solo per non essere criticati (un
esempio sono le parole del padre di Rosa che le dice “Come faccio a
presentarmi in chiesa la domenica se tu sei incinta senza essere sposata”).
Non è questa la religione dei valori e della civiltà che serve a tenere a
freno gli istinti più bassi e brutali. Ci vuole, invece, qualcosa di più
intimo e sentito che svolga un ruolo veramente educativo in una società
violenta e senza “padri”.
A parte la tecnica utilizzata per creare un impatto forte sugli spettatori,
impressionano gli attori: bravi e capaci di esprimere i sentimenti più forti
con grande intensità e, soprattutto, pronti a lavorare gratis per quella che
loro considerano una missione: far conoscere al mondo una realtà lontana che
solo ogni tanto traspare tra le righe dei giornali.
"Ma Pater Familias non vuole essere un film incentrato
sulla delinquenza minorile, quanto piuttosto sulla famiglia" afferma il
regista, "una famiglia ferocemente disgregata, non tanto fisicamente,
quanto nella profondità dei suoi intimi rapporti, dominata dalla figura di un
padre, nucleo di forza e di paura, di autorità e sottomissione; un padre
affettivamente assente e sconosciuto che calpesta la dignità dei figli e delle
donne, destinate a soccombere e a subire le più atroci violenze".
I personaggi di Pater Familias sono lontani anni luce dai tanti
eroi ed eroine che popolano cinema e televisione, dalle ambizioni e dai desideri
di uomini e donne affranti da crisi generazionali e amori incompresi: è un
altro mondo, dimenticato, ignorato, volutamente cancellato dalle nostre menti
impegnate a inseguire sogni da stelle e stelline (e tutto ciò che fa rima con
"ine").
Continua il regista "Il film si propone di mostrare dal buco della
serratura una realtà inimmaginabile; e non è un caso che le inquadrature sono
sempre "impallate", ci sono sempre oggetti davanti alla mdp che
nascondono parte della scena, e che viene continuamente utilizzato un
teleobiettivo che mette fuori fuoco lo sfondo, conferendo allo spettatore,
attraverso l’immagine sgranata, un’impressione visionaria in
contrapposizione alla cruda realtà dei fatti".
E se tutto il film sembra negare ogni speranza, una fioca luce arriva nel
finale, quando Matteo decide di riscattare la propria vita liberando Rosa e la
figlia, vestita da angelo, da un matrimonio balordo e intollerabile; una
speranza di cui potrebbe farsi portatrice la religione, ma che, in realtà viene
calpestata e fatta a pezzi, proprio come la statua della Madonna scaraventata
per terra in una delle ultime inquadrature.
sito ufficiale del film: www.paterfamilias.it