L'ANIMA GEMELLA
di Sergio Rubini
con Violante Placido, Valentina Cervi, Michele Venitucci,
Sergio Rubini, Dino Abbrescia
sceneggiatura Domenico Starnone, Sergio Rubini
costumi Patrizia Chiericoni, Florence Emir
scenografia Luca Gobbi
fotografia Paolo Carnera
musica Pino Donaggio montaggio
Angelo Nicolini
produzione Vittorio Cecchi Gori
distribuzione Medusa, Cecchi Gori
durata 1h44m
Italia 2002
La trama: la ricca e viziata Teresa viene abbandonata sull'altare da Tonino, innamorato in realtà della cugina di lei, Maddalena, con cui scappa in una rocambolesca fuga d'amore. Teresa, che non riesce ad accettare l'abbandono di Tonino, è decisa a tutto pur di riaverlo e si affida ai loschi traffici di Angelantonio, un barbiere quarantenne fallito e truffaldino, che attratto dalla cospicua ricompensa promessagli dalla ragazza, non esita a ricorrere alle arti magiche, opportunamente riviste, tramandate da sua madre, fattucchiera del paese.
Il regista: nato in provincia di Bari nel 1959, Sergio Rubini si trasferisce nel '78 a Roma per studiare cinema all'Accademia Nazionale di Arte Drammatica. Inizia come attore e regista in teatro per poi approdare al cinema. Il suo primo lungometraggio è La stazione ('90) che lo consacra come giovane promessa del cinema italiano, con un Nastro d'Argento, un David di Donatello e il Premio Fipresci a Venezia. Fra le altre sue regie ricordiamo La bionda, Prestazione straordinaria, Il viaggio della sposa, Tutto l'amore che c'è.
Il film: con il suo
sesto film, Sergio Rubini ci porta dentro una commedia nera dai toni pulp, a cui
fa' da sfondo un Puglia abbagliante, colorata e splendente di riuscite
caratterizzazioni, echi di tradizioni, miti e credenze popolari, che affondano
le proprie radici fin nella magia nera.
Il canovaccio è la storia di due donne, una tanto dolce e generosa quanto
l'altra è perfida e insoddisfatta, che si contendono l'amore dello stesso uomo
e che diventeranno le protagoniste di una tragedia moderna in cui le vedremo
scambiarsi di ruolo più di una volta; questo il pretesto per una gradevole
satira sull'eccessiva importanza che oggi si dà all'apparire e a come vogliamo
essere visti dagli altri, non curandoci di quelle che sono le reali priorità
della vita, come l'amore, i legami veri, le sensazioni, quello che proviamo e
trasmettiamo agli altri.
Tutto è presentato in una perfetta cornice folcloristica, strettamente legata
alla cultura regionale pugliese, che ci mette di fronte a situazioni e
personaggi veramente esilaranti, creando un'alchimia perfetta fra luoghi,
persone e leggende (indimenticabili le due caratterizzazioni della zia di Teresa
e della madre di Angelantonio).
Ottimi i giovani protagonisti, le due figlie d'arte Violante Placido e Valentina
Cervi e Michele Venitucci, che aveva già lavorato con Rubini in Tutto
l'amore che c'è, perfettamente calati nei ruoli a cui donano spontaneità,
freschezza e una giusta dose di sanguigna passionalità pugliese.
Da ricordare anche l'ottimo lavoro fatto sui pochi ma necessari momenti legati
agli effetti speciali, di fine e rara fattura per un piccolo film italiano.