VIAGGIO A KANDAHAR
regia
Mohsen Makhmalbaf
con Niloufar Pazira, Hassan Tantai,
Sadou Teymouri
sceneggiatura Mohsen Makhmalbaf
fotografia Ebraham Ghafouri
montaggio Mohsen Makhmalbaf
produzione Makhmalbaf Film Gouse, Bac Films
distribuzione Bim
durata 1h25m
Iran, 2001
La trama: Nafas è una giovane giornalista afgana che da tempo è emigrata in Canada. Quando riceve una drammatica lettera dalla sorella che, ancora in Afghanistan, minaccia di suicidarsi prima della prossima eclissi di sole, decide di rientrare clandestinamente nel paese natale. Attraverso l'Iran, Nafas nascosta sotto un burka, entra in Afghanistan diretta a Kandahar, e inizia un pericoloso viaggio con mezzi di fortuna che la rimetterà di fronte alla misera realtà del suo paese.
Il regista: Nato a Teheran nel 1957, il famoso regista iraniano comincia fin da giovane la lotta politica contro il regime dello Scià e a soli 17 anni viene messo in prigione dove rimane dal 1974 al 1979. Inizia la carriera di regista nel 1982 con Nassouh le répétant. Ha realizzato diciassette lungometraggi, alcuni dei quali hanno vinto premi prestigiosi nei festival di tutto il mondo, ma ancora oggi molti suoi film sono censurati in patria. Ricordiamo L'ambulante ('87), Il ciclista ('89), I giorni dell'amore ('91), Salam cinema ('95), Gabbeth ('96), Pane e fiore ('96), Il silenzio ('98). Sua figlia Samira è anch'essa un'affermata regista.
Il film: Presentato al Festival di Cannes nel 2001, dove ha rappresentato uno dei migliori titoli in concorso, Viaggio a Kandahar nasce da un episodio accaduto realmente al regista. Niloufar Pazira, l'attrice protagonista del film, afgana emigrata in Canada, lo invitò a seguirla nel suo viaggio in Afghanistan dove si recava per tentare di salvare la vita di un'amica, che minacciava il suicidio a causa delle condizioni di vita del suo paese. In quell'occasione Makhmalbaf non accompagnò la donna, ma in seguito entrò clandestinamente in Afghanistan per capire e documentare la situazione della popolazione di quel paese, e lui stesso si è nascosto con una camera digitale sotto il burka. Il film è una feroce condanna verso il regime totalitario talebano che toglie qualsiasi libertà alle donne, e che le priva di qualsiasi diritto civile, perfino quello di farsi curare da un dottore se malate. La pellicola brilla di momenti unici come quello della corsa dei mutilati verso le gambe di legno paracadutate dalla Croce Rossa, e in contrapposizione all'argomento di denuncia del film, si imprime nella memoria con immagini di abbagliante bellezza e colori.